Risposta a Elia Pescatori del 2016.
Il
quesito sollevato, sul come bisognerebbe definirsi, è tutt’altro che semplice:
la questione è dibattuta sin dagli albori del neopaganesimo, tant’è vero che
molti gruppi rigettano in toto il termine “pagano” in quanto lo considerano un
dispregiativo col quale non bisognerebbe identificarsi.
Partiamo
con un po’ di etimologia: il termine deriva sicuramente dal latino pagus (campo, campagna), e sappiamo solo
che viene usato per la prima volta negli editti imperiali di fine IV secolo. E
già qui nasce un problema, perché a quanto ne so esistono ben tre teorie sulla
sua derivazione.
1)
La più famosa,
che identificherebbe i Pagani come “coloro che vivono nelle campagne”, e quindi
sono dediti ai culti tradizionali, nell’accezione di essere appunto dei bifolchi;
nonostante sia appunto la più diffusa, è anche la meno probabile, perché nel IV
secolo la religione tradizionale era ancora molto presente nelle città.
2)
La seconda, di
Maurier, nasce dall’opposizione latina di paganus
e miles, a indicare la differenza tra
i civili e i soldati (in questo caso, i soldati di Cristo), e quindi i
non-Cristiani.
3)
La terza, di
Chauvin, è quella che indicherebbe col termine paganus le persone che “preferiscono i culti del pagus” (l’unità romana di
amministrazione territoriale locale), ovvero quelli tradizionali (dovuto al
fatto che lo sviluppo del cristianesimo è stato sempre e solo cittadino).
Alcuni
gruppi neopagani che non vogliono definirsi neopagani hanno nel tempo proposto
definizioni diverse per indicare sé stessi: si sono dunque appellati a termini
più vecchi di paganus, pretendendo
che questi fossero più genuini, o quantomeno non dispregiativi: nella
fattispecie parliamo del greco etnikos
e del latino gentiles (e abbiamo
quindi i Neoetnici, i Neogentili, eccetera).
Entrambi
questi termini vanno a tradurre, come immaginerai, la parola “popolo”, “gente”,
ma in relazione a coloro che non appartengono all’ebraismo o al cristianesimo
(sono stati infatti gli Ebrei a usare per la prima volta questi termini per
indicare tutte le persone che non appartenevano alla loro religione, col
significato implicito di “gli altri”). Quindi diciamo che non variano poi così
tanto da paganus, sono semplicemente
termini più vecchi, e indicano sempre “quelli che non sono come noi”.
Altri
hanno proposto invece di usare “politeismo”, e hanno fondato gruppi che si sono
definiti politeisti o neopoliteisti. In realtà nemmeno questo termine è
corretto, per due ragioni fondamentali.
1)
Il termine polytheia viene coniato da Filone di
Alessandria, filosofo ebreo vissuto a cavallo tra I a.C. e I d.C., per indicare
coloro che credono in molti dèi, in opposizione al monoteismo ebraico.
2)
Il politeismo è
una qualità teologica della
religione, non una religione in sé: sarebbe come dire che credere nella
reincarnazione definisce una religione come tale (e quindi ci vanno dentro il
druidismo, l’ermetismo, il buddhismo e l’induismo, che non hanno nient’altro in
comune fra loro).
“Politeismo”
può dunque andare bene per definire la propria specifica religione, ma non può
essere usato per contenere tutte quelle che vengono fatte rientrare nel
“paganesimo”: ve ne sono infatti anche di non politeiste, come lo zoroastrismo
e il vudù.
Il
problema fondamentale, in tutto questo, è che i seguaci di religioni non
abramitiche (esclusi casi specifici come il buddhismo) non hanno mai sentito il
bisogno di definirsi, perché la loro religione era quella tradizionale del
popolo; tutt’al più lo facevano se appartenevano a una corrente nata in seno a
esso (come l’orfismo, che però non si slegava mai da quella principale). I casi
in cui ciò è avvenuto sono sempre legati all’opposizione col cristianesimo: il
più eclatante è il termine hellenismos,
coniato da Giuliano.
Questo
a me personalmente basta per capire che non è possibile, per noi oggi, trovare
una definizione comune che prescinda dall’operato di Ebrei e Cristiani: sono
sempre stati loro a definirci, a trovare un nome generico per tutti, un insieme
nel quale categorizzarci, perché eravamo diversi da loro. Su questo dobbiamo
metterci il cuore in pace.
A
questo punto, però, quale sarebbe il termine più giusto?
“Pagano”,
secondo me, è quello che crea meno problemi, per diversi motivi.
1)
Indica tutte le
religioni non abramitiche, senza distinzione di qualità teologiche.
2)
È entrato
nell’uso comune, e anche i profani comprendono subito di cosa si tratta.
3)
È il più
“oppositivo” dei vari termini, il che implica in qualche modo un sano senso di
rivalsa.
Ovviamente
ogni corrente ha tutto il diritto di definirsi come vuole, con nomi specifici (celtismo,
etenismo, dodecateismo,…) o generici ma a mio avviso più barocchi (paganesimo
politeista, gentilismo ellenico, religioni etniche europee,…). E va anche detto
che, se il trovare una definizione specifica per includere tutti è un problema
di lana caprina molto sentito in Italia, nel resto del mondo non sembra
esserlo.
Quindi
insomma, dato che siamo la religione più liberale e variegata di tutte,
prendiamoci anche un termine che sia il più generico possibile. Tanto “pagano”
ha smesso di essere un dispregiativo da secoli, ormai…
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