Da
diverso tempo a questa parte, in quanto studente di storia, m’è sovvenuta una
domanda a cui in realtà non avevo mai posto molta attenzione (sarà perché mi
sono sempre concentrato su altri periodi). Pare sensato ritenere che il termine
del Medioevo, e dunque l’inizio della Modernità (cioè dell’epoca che ha dato
origine al nostro mondo) sia da porre nel 1492?
So
perfettamente che si tratta di una convenzione e la discussione è fine a se
stessa, eppure anche a voler ben guardare questa data mi pare davvero poco
sensata. In realtà, comunque, le date ipotetiche per la fine del Medioevo sono
tradizionalmente tre.
- 1453, che coincide con
la caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi e la
fine dell’Impero Romano d’Oriente, nonché la fine della Guerra dei Cent'Anni tra Inghilterra e Francia.
- 1492, anno della
caduta del Regno di Granada (ultimo baluardo musulmano in
Spagna) e della conseguente unificazione delle corone spagnole, nonché
della scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo.
- 1517, anno d’inizio
della diffusione della Riforma Protestante.
Indubbiamente
si tratta di date estremamente importanti. Eppure, se dovessimo trovare una
data che indichi l’inizio di un cambiamento radicale del mondo intero, proprio
a livello di mentalità (per lo meno della nostra storia, intesa come storia
dell’Europa), allora tutte queste date, a mio avviso, non vanno bene.
La
caduta di Costantinopoli è stato un fatto traumatico per le genti del posto, e
ha dato immenso lustro all’Impero Ottomano; parimenti i Greci esuli hanno
portato in Europa i testi classici. La prima motivazione è a mio avviso troppo
locale, e la seconda troppo generica, anche perché i testi greci avevano
iniziato a diffondersi molto prima, sin dall’Umanesimo. La Guerra dei
Cent’Anni, a parte Inghilterra e Francia, non ha cambiato la vita a nessuno, e
certamente non è stato un fatto che ha modellato il mondo moderno.
La
seconda data è quella più comune, eppure nemmeno la scoperta dell’America e l’epoca
delle grandi navigazioni e dei conquistadores ha modificato il mondo. A tal
proposito riporto un (a mio avviso illuminante) brano di Storia e Ricerca - Dal Trecento al 1650.
“La stagione delle grandi scoperte
geografiche apre orizzonti nuovi alla conoscenza, sconvolgendo antichissime
certezze. Tuttavia permangono e resistono, ancora per lungo tempo, molte delle
fantasie che hanno alimentato per secoli l’immaginario geografico.
I viaggi atlantici e la scoperta di
nuove terre a occidente fanno emergere una caratteristica di fondo della
scoperta e della prima conquista del continente americano: l’incapacità di
tutti – da Colombo a Cortés, dai conquistadores ai missionari, dai più alti
funzionari imperiali a coloro che stendono le relazioni di viaggio – di
considerare quell’evento straordinario come un fatto davvero nuovo, che pone
problemi inaspettati e pone questioni totalmente impreviste; appare, insomma,
l’incapacità di uscire dall’orizzonte concettuale che ha guidato l’Occidente
per più di 1000 anni.
Le fonti tradizionali del sapere
europeo, le Sacre Scritture e i testi dell’antichità classica, paiono in grado,
attraverso una lettura forzata e stravolgente, di fornire identità e storia al
Nuovo Mondo, negandogli originalità e autonomia: la realtà è superata
dall’immaginazione, l’esperienza dalla fantasia, il documento dall’invenzione.
In altre parole, le novità geografiche non rappresentano una frattura rispetto
alle storie narrate dalla Bibbia: il viaggio reale nel nuovo mondo ne ha
generato un altro, tutto mentale, un viaggio di rimandi a ritroso nei secoli.
Il già visto, l’identico, il simile, il già detto devono prevalere sul diverso,
sul nuovo; tutto ciò che vi è nelle terre appena scoperte è ricondotto a
labirintiche storie già note, dove si accavallano e confondono riferimenti
cristiani, storie dell’Età dell’oro e del paradiso terrestre, racconti greci e
latini sulle Amazzoni (da qui il nome del fiume Rio delle Amazzoni, dato da
Vespucci), episodi di patriarchi biblici, apparizioni di fontane miracolose, di
tesori della regina di Saba. La scoperta del nuovo continente è ricondotta a un
capitolo di una storia già interamente prevista e narrata.”
Per
gli Europei, insomma, l’America e in generale le nuove terre non erano altro
che luoghi già noti ma mai raggiunti, e dei quali si faceva unicamente bottino
da portare in patria: le prime vere colonie, quelle che diedero origine alle
città attuali, sono di almeno un secolo successive. Non c’è stato dunque un
cambio di mentalità, il mondo si è ampliato ma l’uomo non ha mutato il suo modo
di vedere le cose: coloro che esploravano e saccheggiavano le nuove terre non
erano uomini moderni, ma medievali.
Riguardo
l’ultima data, la Riforma Protestante è certamente stata uno dei fatti
maggiormente importanti del periodo, e tuttavia una nuova visione del
cristianesimo non ha influenzato la mentalità della gente più della scoperta
dell’America. Non voglio qui sminuire l’opera di Lutero, ma mi sento di dire
che il protestantesimo ha fatto relativamente pochi proseliti in Europa (ancora
oggi, i Paesi che abbracciano questa fede sono quelli che hanno sempre contato
poco o niente, a livello politico, religioso ed economico, sullo scacchiere
europeo, di cui l’Inghilterra è sotto ogni aspetto un caso a parte). La Riforma
si espanderà vigorosa e poco ostacolata in Nord America, modellandone la
società, ma solo nel XVII secolo.
Ciò
che a mio avviso ha dato origine al mondo moderno, modificando completamente il
modo di vedere le cose, è stata la Rivoluzione Scientifica, prodotto di tutti i
fatti finora esposti, e la cui data d’inizio viene tradizionalmente indicata
con il 1543,
quando fu stampato il De Revolutionibus Orbium Coelestium
di Niccolò Copernico (ciò postdaterebbe la fine
del Medioevo di almeno mezzo secolo). A tal proposito riporto quanto dice
Wikipedia a riguardo, visto che è una parte a mio avviso veramente ben fatta.
“La scienza moderna iniziò in Europa in un
periodo di grandi cambiamenti. La riforma protestante, la scoperta dell'America
da parte di Colombo, la caduta di Costantinopoli, l’Inquisizione
spagnola, nonché la riscoperta di Aristotele
nel XII/XIII secolo,
fecero presagire grandi cambiamenti sociali e politici. Perciò si creò un
ambiente adatto, nel quale fosse possibile mettere in discussione la dottrina
scientifica, in modo simile a quello in cui Lutero
e Calvino misero in discussione la dottrina religiosa. Si
notò come i lavori di Tolomeo in astronomia, Galeno in
medicina e Aristotele in fisica non fossero sempre in accordo alle osservazioni
sperimentali. [...] Il desiderio di controllare le verità fino
ad allora indiscutibili e cercare le risposte per le nuove domande che ne
sorsero, produsse un periodo di grandi avanzamenti scientifici, che ora è noto
come rivoluzione scientifica.”
Ed
è proprio a partire da questo periodo che anche la mentalità degli uomini in
relazione alle nuove scoperte viene a modificarsi. “L’aumento dei traffici intercontinentali, l’avvio delle prime serie
esplorazioni dell’interno e delle coste delle nuove terre, il progredire delle
conoscenze di matematica e di storia naturale, i primi passi di un pensiero
laico, portano al declino delle più fantasiose descrizioni su luoghi spaventosi
ed esseri irreali. Tra il 1550 e il 1650 le carte che raffigurano l’America
acquistano via via maggior precisione nei particolari di coste, porti, fiumi,
città, foreste, montagne; gli spazi bianchi vengono riempiti. Sta avvenendo un
grandioso progresso della cultura e del sapere che nasce da un duplice apporto,
attraverso un percorso circolare che si autoalimenta: da un lato, le carte
precise permettono i viaggi di esplorazione; dall’altro, le imprese su lunghe
distanze dei grandi capitani di mare portoghesi, spagnoli, italiani, inglesi,
olandesi e francesi portano una quantità di informazioni che vanno ad arricchire
le nuove mappe.”
Insomma,
mi ritrovo a dire che, mentre un uomo del 1300 era sostanzialmente uguale a uno
d’inizio 1500, un uomo d’inizio 1500 non poteva in nessun caso essere uguale a
uno vissuto alla fine dello stesso secolo. Indi per cui mi schiero con i
(pochi, in realtà) storici e filosofi che ritengono il Rinascimento come parte
integrante e finale del Medioevo, e pongono la Modernità a metà del XVI secolo,
quando Copernico diede il via al concetto di scienza che ci ha portato le auto,
i computer e le biotecnologie.
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