“Ciascun Arcano, essendo uno specchio e
non una verità di per sé,
si tramuta in quello che tu ci vedi
dentro.
Il Tarocco è un camaleonte.”
(Leonora Carrington)
Tempo
fa, per prearare una lezione sull’argomento, ho iniziato a interessarmi di
tarologia, ovvero lo studio storico-artistico dei tarocchi, oltre che
ovviamente di cartomanzia, sempre dal punto di vista storico. Ho trovato alcuni
libri e articoli molto interessanti sull’argomento, principalmente opera di
studiosi come Giordano Berti e Andrea Vitali, e tuttavia mi sono reso conto di
come ancora oggi, per lo meno in Italia, la reale storia dei tarocchi sia
misconosciuta. Per dirne una, quando un amico ha trovato la pagina Facebook di
una cartomante che pretendeva di spiegare le origini di queste carte,
ascrivendole all’antico Egitto, le ha detto: “Pensavo che fossero nate nel XV
secolo…”, al che lei ha semplicemente risposto: “No, la loro storia è ben
diversa.” E nient’altro.
Non
è mia intenzione parlare della reale storia dei tarocchi nel dettaglio, cosa
che ho già fatto in breve e che potete trovare QUI. Questo articolo nasce
perché, di recente, in alcune librerie milanesi c’è stato un exploit del libro di Alejandro
Jodorowsky, La Via dei Tarocchi,
scritto nel 2004 ma riedito più volte (e per chi non conoscesse il celeberrimo regista,
fumettista e psicomago cileno, rimando ovviamente alla sua pagina Wikipedia).
La cosa mi ha lasciato piuttosto basito perché, a mio avviso, la fama del
suddetto in cartomanzia è per certi versi il sintomo che i tarocchi sono ancora
legati a una mitologia ormai obsoleta e, oltre a ciò, ritengo che l’opera di
Jodorowsky rasenti moltissimo la truffa. Ed è questo punto che vorrei
approfondire.
Tutte
le citazioni e i riferimenti, che non sto a segnare nel dettaglio, vengono dall’Introduzione
al suddetto libro, edito da Feltrinelli.
Un nuovo mito delle origini (che si
poteva fare meglio).
Un bellissimo meme da una delle mie pagine preferite... |
Jodorowsky,
nelle prime pagine, racconta tutto il percorso che lo ha portato a conoscere i
tarocchi, e difatti il corpus del
testo è costituito dall’interpretazione minuziosa della simbologia del mazzo da
lui progettato e disegnato da Camoin. Cercherò di riassumere la vicenda.
Il
Nostro si era appassionato ai tarocchi da giovane, parlando con personaggi come
Leonora Carrington e André Breton; fu quest’ultimo a dirgli, osservando uno dei
tanti mazzi della sua collezione: “Questo
mazzo di carte è ridicolo. I simboli sono di un’ovvietà sconcertante. Non c’è
nulla di profondo qui dentro. L’unico tarocco che abbia un senso è il Tarocco
di Marsiglia. Quelle carte incuriosiscono, commuovono, ma non rivelano mai il
loro intrinseco segreto.” E, dopo queste parole, il Nostro avrebbe compreso
il suo errore e gettato al macero tutti i suoi mazzi, decidendo di interessarsi
unicamente ai marsigliesi, in quanto versione per così dire migliore tra tutte
quelle esistenti. Ma, anche in questo caso, si sarebbe ritrovato davanti a
molte versioni diverse, senza riuscire a stabilire quale fosse realmente l’originale,
optando quindi per quella di Paul Marteau del 1930, che nell’idea del loro creatore
era una ricostruzione artisticamente e filologicamente accurata del mazzo
originario.
Jodorowsky
però, insoddisfatto anche da questa versione, avrebbe casualmente trovato un
mazzo marsigliese presso un antiquario di Città del Messico, una versione che
non ricordava di aver mai visto. Così, dopo varie peripezie, riuscì a entrarne
in possesso, rimanendo sconcertato da alcuni particolari, e stabilendo dunque
che si trattava non di un vecchio marsigliese, ma della prima versione in
assoluto dei tarocchi in generale. Con l’amico e collaboratore Philippe Camoin
avrebbe dunque restaurato il mazzo e scritto un libro su come interpretarlo, di
fatto restituendo al mondo la vera cartomanzia, quella pura e incorrotta dall’opera
altrui.
Non
contento di tutto questo, il Nostro si premura anche di spiegare al lettore la
vera origine dei tarocchi: essi sarebbero stati creati in Spagna o in
Linguadoca intorno all’XI secolo, allorquando alcuni saggi ebrei, cristiani e
musulmani decisero di depositare la conoscenza delle
loro religioni in un mazzo di carte, per
preservarla e tenerla nascosta dalle
future persecuzioni; a riprova di questo, cita il fatto che “già nel 1337, negli statuti dell’abbazia di
Saint-Victor di Marsiglia si proibisce ai religiosi il gioco delle carte”[1]. Si
prodiga poi nello spiegare come, dopo il Medioevo, “gli autori li usavano per fare il proprio autoritratto e li infarcivano
di superstizioni. Vi ho trovato credenze massoniche, taoiste, buddiste,
cristiane, astrologiche, alchemiche, tantriche, sufi… [sic!] Come se il Tarocco fosse una domestica
perennemente al servizio di una dottrina estranea.” E conclude con un’appassionata
e minuziosa critica all’operato dei vari esoteristi del XIX e XX secolo, che
avrebbero completamente snaturato il senso dei vari trionfi.
Parto
da quest’ultimo punto: per quanto non sia mia intenzione fare una disamina minuziosa
della cosa, mi pare doveroso confutare gli errori più grossolani del Nostro,
ovverosia:
· L’opera di
Etteilla non ha assolutamente nulla a che fare con l’astrologia e la cabala (di
cui l’autore probabilmente non sapeva nulla, essendo un semplice e
misconosciuto cartomante).
· Lévi è il primo a
fare un accostamento alla cabala, ma il Nostro non sembra accorgersene,
chiamando le lettere presenti sulle carte “alfabeto ebraico”; inoltre Lévi
aveva storicamente (anche se forse involontariamente) ragione nel ritenere che
i marsigliesi fossero essoterici, in quanto non erano stati pensati per la
divinazione ma per il gioco.
· Waite non scambia
i numeri di Giustizia e Forza per farle coincidere con le sephirot della cabala (da cui Jodorowsky sembra ormai ossessionato),
ma per l’astrologia: la Giustizia doveva essere la Bilancia e la Forza il
Leone, ma con la numerazione classica sarebbe risultato il contrario.
· Crowley non
cambia l’ordine delle carte come sopra, il che è anzi una grande differenza
rispetto agli altri cartomanti di scuola anglosassone.
· Wirth non cambia
gli abiti dei personaggi dei tarocchi (questa è forse la critica più gratuita).
Preciso
che sto sorvolando su nomi scritti male e date di nascita e morte sbagliate.
Tutto questo per dire che è normale che un esoterista diffami i suoi
predecessori (tutti defunti, ma tant’è), ma trovo allibente il fatto che il suo
lavoro serva in realtà a dimostrare come la sua conoscenza dell’argomento sia
pressapochista[2].
Al
di là di questo, torniamo al mito delle origini, i tarocchi marsigliesi medievali.
Quando, nel XVIII secolo, Court de Gebelin si inventò il fatto che i tarocchi fossero
di origine egizia, e contenessero tutto il sapere del mondo, persino lo
studioso più informato non avrebbe potuto smentire questo fatto: la conoscenza
dell’Egitto, prima della conquista napoleonica, era molto sommaria e veniva per
lo più dai classici. Di fatto, si era creato un mito delle origini, ovverosia
una narrazione che non aveva un reale fondamento storico, ma affondava le sue radici
nel tempo del mito, quando gli dèi camminavano sulla terra. Per l’epoca, era un’ottima
storia, e infatti è perdurata nel tempo.
Tuttavia,
oggi la nostra conoscenza dei tarocchi è molto più ampia: sappiamo
perfettamente in che epoca sono nati (prima metà del XV secolo) e anche dove,
con buona approssimazione (Milano o Ferrara), e ne conosciamo anche gli scopi,
ovverosia prima commemorativi e poi (con la diffusione dei mazzi) ludici o
educativi: tutto questo ci è testimoniato dai tre mazzi viscontei, da quelli
estensi e da altri singoli e particolari, come i Sola Busca e i Mantegna. E
tutto questo lo sappiamo perché questi mazzi, seppur in maniera spesso incompleta,
sono giunti fino a noi nella loro versione originale. Allo stesso modo
conosciamo perfettamente i primi mazzi marsigliesi, nelle due varianti di
Noblet e di Vieville, entrambe della metà del XVII secolo; come del resto
sappiamo anche, grazie ad alcuni ritrovamenti nel Castello Sforzesco d’inizio
secolo scorso, che il “modello marsigliese” è in realtà un tarocco milanese del
XVI secolo pensato probabilmente per il gioco del popolo (ne è una bella
testimonianza il Foglio Cary).
Ordunque,
essendo che oggi possediamo tutte queste informazioni, e che la storia dei
tarocchi è chiarissima (al più si dibatte se siano nati a Milano o a Ferrara),
raccontare un mito per il quale, in pieno Medioevo, dei sapienti di varie
religioni abbiano creato un mazzo di carte di significato esoterico, è
anacronistico e insensato. Ma è insensato soprattutto perché si tratta di un
mito talmente debole che, cadendo, trascina con sé tutto il castello di carte (o
se preferite tarocchi) che il Nostro ci ha costruito sopra: anche ammettendo
che abbia trovato un nuovo e antico tipo di marsigliese, non potrebbe comunque
essere più vecchio di quelli viscontei o estensi. E tutto questo rasenta poi la
truffa perché, a conti fatti, Jodorowsky e Camoin hanno semplicemente ripreso
un marsigliese qualunque e ci hanno aggiunto qualche particolare per renderlo “esoterico”.
Di
fatto, l’operazione del Nostro si configura come quella di un esoterista qualsiasi,
e non di un cartomante rivoluzionario come sembra vendersi: racconta un mito
delle origini molto accattivante, diffama i suoi predecessori e si inventa un
nuovo mazzo che dice essere quello vero. Il problema è che, come visto, quest’operazione
poteva andare bene nell’Ottocento, non oggi. A riprova di tutto ciò, gli
esoteristi di bassa lega credono ancora più volentieri alla storia di Court de
Gebelin.
I tarocchi marsigliesi come morte dell’arte
e dell’esoterismo.
Un confronto facile facile... |
Ho
scritto che Jodorowsky ha ripreseo “un marsigliese qualunque”, il che fa forse storcere
il naso in quanto potrebbe apparire come una grossa semplificazione: come detto
esistono varie versioni di quel tipo. In realtà il secondo punto che vorrei
trattare è proprio questo, ovvero come i mazzi cosiddetti marsigliesi, ancora
oggi considerati da tanti (fra cui il Nostro) come ispirati a un modello più
puro e antico, siano in realtà quello di minor pregio artistico (e poi
esoterico) fra tutti quelli esistenti.
Quello
disegnato da Camoin dovrebbe essere ispirato al modello di Nicolas Conver del
1761, ovviamente restaurato e in parte modificato (ma non abbastanza per
sembrare un tarocco diverso dal tipo marsigliese, va da sé). La caratteristica
fondamentale dei marsigliesi è proprio quella di mantenere bene o male sempre
lo stesso modello col susseguirsi delle epoche. Come accennato, il primo a
crearli fu Jean Noblet attorno al 1650, ispirandosi a mazzi italiani del secolo
precedente, mentre Jacques Vieville ne fece una variante più originale, che però
non ebbe successo e venne ripresa molto poco (ad esempio da Waite per il suo
Sole); poi, tutti gli artisti francesi ripresero sempre e solo il modello di
Noblet, con variazioni minime (ad esempio aggiunte di piccoli particolari o
modifica dei colori). Questo si giustifica probabilmente col fatto che i
giocatori preferivano quel modello e diffidavano delle innovazioni, quindi la
produzione si è standardizzata, smettendo di essere un campo di prova per gli
artisti: da Noblet a Marteau, dunque per circa 300 anni, il mazzo marsigliese è
rimasto sempre uguale a sé stesso, una stanca ripetizione di un modello
obsoleto che era sì diventata tradizione, ma al tempo stesso campo sterile per
qualsivoglia prova d’arte
Quel
che accadde in Italia fu invece diametralmente opposto: se è vero che in
origine (soprattutto nel nord) i mazzi usati per giocare erano i marsigliesi (e
questo probabilmente perché ricordavano il vecchio mazzo milanese), molte città
continuarono a produrre modelli nuovi, o restaurare in maniera profonda quelli tradizionali.
Ne sono un bell’esempio le minchiate fiorentine, nate prima del 1538, ma che
nella loro versione del 1725 sono disegnate nello stile dell’epoca; oppure gli
antichi tarocchi bolognesi, che forse già esistevano nel 1459, e che in epoca
moderna erano molto cambiati, ad esempio sostituendo le quattro figure regali (i
trionfi II, III, IV e V) con i mori. Ma la produzione di carte era anche un
campo artistico in senso stretto: a Milano, nel 1835, Carlo Della Rocca creò il
cosiddetto “tarocco sopraffino” che andò a sostituire quello neoclassico che
aveva “appena” 15 anni, mentre a Torino, nel 1893, Giovanni Vacchetta disegnò i
suoi naibi, che per la prima volta presentavano le carte numerali illustrate e
non come semplice elenco di semi. Innovazioni anche più semplici, come ad
esempio i cavalieri vestiti da carabinieri nel tarocco piemontese, in Francia
non sarebbero mai state concepite.
Quel
che interessa a Jodorowsky è ovviamente il valore esoterico delle carte, ovvero
la loro capacità di comunicare a colui che le “legge” tramite la simbologia:
per fare il primo esempio che mi viene in mente, nella sua carta del Mondo l’aquila
ha connotazione maschile e il bue è invece una mucca (sic!), simboleggiando fra
le altre cose una certa valenza di opposizione anche sessuale. Va da sé che,
per fare ciò, l’immagine deve entrare in sintonia con colui che la vede: se
faccio vedere il Bagatto dei tarocchi di Crowley a qualcuno che non sa nulla di
magia, vedrà semplicemente un uomo giallo che vola, quindi la comunicazione
avverrà in una certa qual maniera distorta (almeno nelle intenzioni dell’ideatore
dell’immagine in questione). Per fare cartomanzia, insomma, occorre che immagine
e cartomante riescano a capirsi a vicenda, ed è proprio per tale ragione che è
molto più difficile divinare con un mazzo non pensato per la divinazione,
ovverosia tutti quelli precedenti a Etteilla, inclusi ovviamente i marsigliesi
che sono “fermi” a modelli del tardo Rinascimento.
Sia
ben chiaro: se una persona vuole divinare con i marsigliesi, o con i viscontei,
o con i bolognesi non c’è nessun problema, perché vuol dire che è in sintonia
con quel mazzo e quelle immagini hanno un significato per lui. La critica che
muovo è invece al modo in cui il Nostro imposta la cosa: il mazzo “vero” sono i
marsigliesi, perché la loro simbologia è perfetta, tutti gli altri sono deviati
e corrotti; dunque, dice sempre, smettetela di divinare con quelli e usate
quello che vi dico io, cioè il mio. E se a questo si aggiunge appunto che i
marsigliesi sono in realtà i tarocchi più sterili e obsoleti, la valenza
pubblicitaria (e a mio avviso truffaldina) risulta più che palese. Del resto,
Jodorowsky è famoso per “vivere” sulle opinioni divergenti che le persone hanno
di lui, e che servono solo a incrementare il suo ego già smisurato.
In
conclusione, resto convinto che fingere di ritrovare il tarocco originario era
un’idea carina ma, senza voler offendere nessuno (e visto che siamo nel XXI
secolo), si poteva fare meglio.
[1] Il
provvedimento si riferiva in realtà alle normali carte di origine araba, e non
ai tarocchi.
[2] Jodorowsky
sembra peraltro davvero convinto che i marsigliesi si chiamino così perché nati
a Marsiglia: in realtà tale demoninazione venne data da Marteau quando ristampò
una versione dei tarocchi di Conver editi in quella città; il tipo nasce invece a Parigi.
Io sinceramente ci credo molto, ed ho avuto le certezze dopo un consulto di cartomanzia di qualche anno fa !!!
RispondiEliminaNessuno mette in dubbio che i tarocchi di Jodorowsky (come ogni altro mazzo) possa essere usato efficacemente per divinare: lo dico chiaramente nel penultimo paragrafo. Io contesto la "storia dei tarocchi" inventata ad hoc dall'autore per vendere il suo mazzo e screditare quelli altrui.
EliminaUn inutile lungo articolo, farneticante e pieno di invidia, complimenti.
EliminaIo trovo il mazzo Camoin Jodorowsky sinceramente meraviglioso con il suo simbolismo e con le sue allegorie, per niente "sterile" se si ha la pazienza di comprenderlo e studiarlo. Così come trovo la lettura del suo libro piacevole ed interessante. Tra l'altro non credo che un artista ed uno studioso come Jodorowsky debba trovare simili mezzucci per far comprare il "suo" mazzo.
RispondiEliminaDi nuovo, evidentemente, non sono stato chiaro. Nessuno mette in dubbio che l'opera di Jodorowsky possa essere un valido strumento di divinazione. Il discorso si basa sul fatto che l'autore ha inventato di sana pianta un mito delle origini e ha denigrato gratuitamente l'opera di altri occultisti. Questa affermazione si basa su dati storici oggettivi, non su pareri personali: il primo mazzo dei tarocchi è quello visconteo, e i marsigliesi sono più tardi di almeno 200 anni. Questo ovviamente non è un parere personale, ma è un dato oggettivo dato dagli storici e dai tarologi, come Andrea Vitali e Giordano Berti. Può documentarsi sulle loro opere per maggiori approfondimenti.
EliminaNon sono un appassionato di magia, divinazione o cartomanzia né ho letto (almeno in maniera approfondita) il libro di Jodorowsky ma voglio scrivere questo commento per farti i complimenti per la chiarezza e la puntualità dell'articolo. Mi sono interessato ai tarocchi da un po' di tempo come parte di un interesse personale per le carte da gioco e rimango sempre colpito nel notare l'ignoranza sulla storia dei tarocchi, diffusa anche fra sedicenti appassionati, e che sembra quasi alimentata dal mercato di articoli esoterici sull'argomento. Trovo che il tuo articolo vada a toccare alcuni dei punti principali che caratterizzano l'ignoranza media, cercando di contribuire a colmarli e accennando pure a qualche riferimento "filologico" (se è giusto definirli così) come il foglio Cary, che non fa mai male. Posso solo incoraggiarti a scrivere altri articoli come questo e a condividere con le persone altri elementi della storia dei tarocchi.
RispondiEliminaLa ringrazio infinitamente, è bello vedere che c'è qualcuno che apprezza un lavoro che cerca di essere serio. E sì, l'idea è quella di continuare su questa strada. ;)
EliminaPiù gli date addosso a Jodorowsky e più io sono convinta dalla sua Opera! Mi diverte leggere questi blog contrari
RispondiEliminaAlmeno si è divertita. Se legge anche qualcuno degli autori che cito nell'articolo sono sicuro che si divertirà ancora di più. ;)
EliminaSpendido articolo. Purtroppo, come vedo in alcuni commenti, alcune persone proprio non riescono a comprendere che anche se una cosa non piace, le fonti storiche non sono opinioni. Ma tant'è. Volevo solo aggiungere che ultimamente si sta dibattendo sul luogo di nascita dei tarocchi facendo riferimento a Bologna, può trovarne saggi sul sito dell'associazione letarot.it scritti dal citato Andrea Vitali.
RispondiEliminaGrazie ancora per lo splendido articolo.
Andrea
"essi sarebbero stati creati in Spagna o in Linguadoca intorno all’XI secolo, allorquando alcuni saggi ebrei, cristiani e musulmani decisero di depositare la conoscenza delle loro religioni in un mazzo di carte, per preservarla e tenerla nascosta dalle future persecuzioni".
RispondiEliminaQuesta è un ipotesi, Jodorowsky ipotizza.
Essendo che abbiamo la risposta, ipotizzare non ha senso. Sarebbe come ipotizzare il luogo di nascita di Napoleone...
EliminaJodorowsky ha detto centinaia di volte che i Tarocchi non servono a leggere il futuro. Non capisco come mai l'autore dell'articolo, rispondendo ai commenti, si ostini a parlare del mazzo Jodorowsky-Camoin come di un mazzo divinatorio.
RispondiEliminaMolto semplicemente perché la divinazione non è necessariamente legata alla previsione del futuro: essa è anche volta a conoscere il passato, il presente, la propria interiorità, le possibilità in essere e così via, a seconda delle concezioni di chi la pratica. Dire che divinazione = previsione del futuro è come dire che il riso serve a fare il risotto e a nient'altro. ^^
EliminaJodorowsky ha passato una vita intera a studiare i tarocchi e non ha bisogno di vendere il suo mazzo (che non è più ristampato da tempo, esiste al momento solo in verione mini) Non si è mai neanche fatto pagare per la lettura in tutta la sua vita mentre sono sicuro che lei lo fa. E ancora, la sua opinione è talmente irrilevante da essere irritante nella sua inutilità, mentre Jodorowsky ha trascorso una vita impegnato in talmente tanti campi, dall'antrolologia ai fumetti alla regia che non deve dimostrare niente. Il suo mazzo è uno dei più completi ed esotericamente complessi a livello simbolico. Lei contesta poche righe quando ben altri esoterici o massoni hanno addirittura inventato di sana pianta origini e simboli delle carte. Oggi le cose si sanno? Non si sa ancora nulla, i tarocchi sono un mistero per tutti gli studiosi e nessuno ha la certezza di una teoria provata. Ebbene capirà l'irritazione di un antropologo che legge un articolo come il suo, scritto tra l'atro neanche bene, ma che sembra malcelare solo infantile incompetenza. Quando lei pubblicherà il suo di mazzo, con tanto di manuale di 574, allora forse potrà essere preso in considerazione, altrimenti rivela soltanto che l'invidia, appunto, è solo dei poveri di spirito. Mi tenga informato sul suo mazzo.Con simpatia. Prof. Raffaeli, Antropologo!
RispondiEliminaSalve. Ci tengo a precisarle che non sono un cartomante, quindi non posso farmi pagare per un consulto.
EliminaEssendo lei un accademico, non serve che io le spieghi come l'importanza delle fonti sia essenziale quando si vuole proporre una teoria. Jodorowsky non ne presenta nessuna, ma di contro, lei sa benissimo che non esistono testimonianze letterarie dei tarocchi prima di quella riportata nella "Vita di Filippo Maria Visconti" del 1447; come non esistono mazzi precedenti a quel decennio (il Cary-Yale), né testimonianze pittoriche anteriori a quella di Palazzo Borromeo a Milano del 1450. Non serve dunque che le spieghi perché fidarsi di Jodorowsky che racconta una sua "versione della storia senza prove" sia decisamente non consono a una ricerca scientifica sulla storia dei tarocchi.
Ciò detto, se lei è docente e antropologo, posso immaginare che si sia occupato di tarologia anche in ambito accademico. In quale università insegna? Che pubblicazioni ha in curriculum? Sarebbe di grande interesse per me leggerle. Grazie. ^^
È lei che deve dimostrare le sue teorie non quelli che lo hanno fatto nei loro libri e durante una intera vita. Scriva un libro, cambi per sempre la storia dell'antropologia dell'etnologia e archeologia, dimostri l'intento delle sue argomentazioni ma non con un copia e incolla di dati che già si conoscevano, come ha fatto qui. La sua credibilità, peggiorata dal suo nick anonimo, non c'è, può incantare solo qualche casalinga wicca/new age che legge i libri di Scott Cunningham (che trovo comunque interessante) Ma gli studiosi, quelli veri, vogliono argomentazioni e prove che sostengono le altrui tesi. E si, insegno antropologia da 25 anni e i miei libri di testo sul simbolismo nei secoli non sono il punto, in questo caso. Ma lo è la leggerezza con la quale scrive affermazioni definitive e maliziose. La sua è diffamazione allo stato puro, è lei che si arroga il diritto di sostenere che siamo ai limiti della truffa (quando se mai uno potrebbe ribattere che siamo nel campo della pubblicità.. Ma non nel caso di Jodorowsky... In ogni caso quante volte in TV ha visto uno spot in cui si sostiene che quello specifico prodotto è il migliore?) Jodorowsky non sostiene che le sua carte siano le migliori per tutti ma se mai lo sono per LUI! È molto chiaro a proposito e mai scrive per indurre gli altri ad acquistarli. Le sue teorie sono personali come quelle di chiunque altro che ha scritto sui Tarocchi. Il mazzo Camoin è uno dei più potenti a livello simbolico mai stampato su questo pianeta, perché ogni singolo dettaglio trova un suo posto in una simbologia complessa e densa di interpretazioni esoteriche. Pertanto ciò che scrive lei è SOLO diffamazione di una leggerezza imbarazzante, sostenuta da citazioni e dati neanche sue ma di altri, e pertanto perseguibile civilmente; sarà mia premura valutare eventualmente se segnalarla alla famiglia Camoin, che conosco da un decennio. Allora ripeto, scriva un libro (spero in un italiano migliore) che sveli per sempre il segreto dei Tarocchi e sarà un successo mondiale, visto che ha la presunzione di sapere e di detenere questo segreto millenario. Ma le consiglio di mitigare la sua arroganza, perché per me e per molti altri, presumo, lei non è nessuno, è solo un anonimo nickname, un rumore di fondo come milioni di voci sul web, un vociare sconnesso che non ha rilevanza. E sa come si dice? "Quando uno sciocco finge di essere intelligente sembra ancora più sciocco, per cui meglio tacere e sembrare stupidi che togliere ogni dubbio parlando" (Confucio). Auguri.
RispondiEliminaEgregio professore, forse le è sfuggito che non è mia intenzione scrivere un libro sulla verità dietro ai tarocchi perché, come detto, si sa praticamente tutto su di essi. Può visionare ampi contributi accademici di tarologia sul sito www.associazioneletarot.it di Andrea Vitali; se poi mi dice che non sono validi, mi domando a questo punto cosa lo sia...
EliminaDel resto io non sono un tarologo, come non lo è lei mi pare di capire, come non lo è nemmeno Jodorowsky. Mi fido dunque di chi ha passato la sua vita a studiare, in ambito accademico e artistico, la storia e l'evoluzione delle carte, e le cui ricerche vengono pubblicate su riviste specialistiche.
Per il resto, trovo encomiabile il fatto che le critiche che rivolge a me siano perfettamente riconducibili anche a lei. La sua è una sottile ma profonda autocritica che mi sento di apprezzare. Grazie. ^^
(Per i prossimi articoli vedrò di scrivere in un italiano più semplice, grazie anche di questo consiglio.)
Buongiorno, grazie per l'articolo interessante. Io mi sto interessando ai tarocchi da poco. Avrei più che altro una domanda. Perchè il tarocco di Noblet sarebbe con certezza il primo tarocco francese? Non potrebbe essere magari il più antico tarocco francese trovato fino ad ora? Grazie
RispondiEliminaCertamente, il Noblet (e il Vieville suo contemporaneo) sono i primi mazzi francesi attestati finora. Nulla vieta che potessero esistere delle versioni precedenti; il punto è che anche se venissero trovate non sarebbero comunque più vecchie del XVI secolo, essendo che il tipo del Foglio Cary italiano e dei rinvenimenti del Castello Sforzesco, datati appunto a inizio Cinquecento, sono caratterizzati da immagini sviluppatesi in Italia e non in Francia.
EliminaInsomma, finché non verrà ritrovato un tarocco più antico (quindi analizzato da storici dell'arte che ne attestino una certa datazione in ambito accademico), il Noblet e il Vieville saranno i più vecchi di scuola francese, e derivati da tipi italiani. Questo anche perché, ricordiamolo, a inizio XVI secolo il Ducato di Milano viene conquistato dalla Francia, quindi un'influenza tra le due culture (e che il gioco dei trionfi si sia spostato oltralpe creando dei mazzi puramente francesi su modello italiano) avrebbe un senso.
Egregio Signore, desidero farle i miei complimenti per il suo articolo “I tarocchi di Jodorowsky tra anacronismo e truffa”, che è motivato, adeguatamente documentato, colto e persino gradevole. Conosco bene i tarocchi e la letteratura internazionale sull’argomento: centinaia di testi. Conosco le tradizioni filosofiche, mistiche ed esoteriche che sono confluite, quasi sempre in modo confuso, nella testa di chi si è occupato di questa interessante opera collettiva. Vorrei dire che tantissimi anni fa, dopo dieci minuti di lettura di un libro di Jodorowsky sui tarocchi appena pubblicato, ebbi l’impressione che la conoscenza dell’argomento di questo simpatico autore fosse superficiale; soprattutto quella inerente ciò che attrae la maggior parte delle persone. Le sue osservazioni critiche sono pertanto esatte.
RispondiEliminaChe dire delle critiche fatte al suo articolo? Abbia pietà di loro. Il bisogno di idealizzare qualcuno o qualcosa è già una punizione sufficiente.
I miei migliori auguri per il nuovo anno 2021.
Franco M., Berlino
Definire i tarocchi di Jodorowsky truffa, é ignorante, c'è una via iniziatica dietro ai suoi tarocchi, forse uno studio più approfondito potrebbe farti cambiare idea, c'è un simbolismo profondo e molto complesso nei suoi tarocchi e nel modo in qui vengono insegnati.
RispondiEliminaVorrei dire che tantissimi anni fa, dopo dieci minuti di lettura di un libro di Jodorowsky sui tarocchi appena pubblicato, ebbi l’impressione che la conoscenza dell’argomento di questo simpatico autore fosse superficiale.
RispondiEliminaVuol dire che non hai capito nulla sui tarocchi soprattutto i suoi che vanno nella direzione cabalistica quindi differenti dai normali tarocchi.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaDire che Jodorowsky é un truffatore significa non capire un tubo di tarocchi, meglio cambiare lavoro.
RispondiEliminaRimaniamo fermi nel mondo simbolico/allegorico dei tarocchi: Chi si appresta a ricevere le perle del citato libro(best seller?) è come il folle che si lascia incantare da un prestigiatore(il bagatto);nutre il bisogno di credere in qualcosa per proseguire il suo viaggio,e si lascia persuadere che la "magia" li intavolata sia la "svolta" che gli occorre. In lui matura la "fiducia" che non è Fede,ma è il solo carburante che lo smuove dalla sua natura "asinina". Compiera' un viaggio ,il nostro eroe ,magari scoprendo che la natura di ciò che osserva è riflesso della sua emotività, capirà che ha bisogno della dualità bene/male,cattivo/buono,vero/falso fino a che,arrivato in cima alla sua fortezza,non capirà che ha bisogno di abbandonare ciò che ha costruito con il suo percorso. È qui che casca l'asino!(letteralmente) La carta della torre(o la casa di Dio come la chiama Jodo) è stata per me rivelatrice della grandezza dell'artista e del suo inganno(senza il quale,forse,non sarei qui a scriverle).Per il nostro la carta negativa per eccellenza è una "festa". Non è caduta,yubris o dir si voglia! Eppure,se i tarocchi sono un ludico modo per confrontarsi con gli archetipi,dov'è il momento in cui l'eroe dubita,dove arriva il momento in cui cade? Forse il XVI arcano è plasticamente rivelatore dei giudizi al vetriolo mossi al suo articolo,fatto da chi non osa abbandonare il "maestro" per poi guardarsi direttamente nello specchio rivelatore delle Stelle(successivo arcano). Non si osa guardarsi con naturalezza perché non si accetta di essere stati condotti fin qui da una premessa errata: che la fiducia non è fede,e che quello che si appreso sino ad ora è stato inutile,se non si è disposti a cadere! La bella ninfa è nuda,indifesa e si riflette nello stagno! La nostra credulita' si è trasformata in innocenza e possiamo continuare il viaggio! Ecco, per me il traguardo è stato il suo articolo,che non mi ha messo in cattiva luce l'opera di Jodo,ma ne ha svelato la vera ricchezza: i tarocchi,a dispetto della loro origine,sono specchi e un arcano ,a secondo di quando lo si contempla, rivela cose diverse!
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