lunedì 25 luglio 2016

Di come Colombo non uccise il Medioevo



Da diverso tempo a questa parte, in quanto studente di storia, m’è sovvenuta una domanda a cui in realtà non avevo mai posto molta attenzione (sarà perché mi sono sempre concentrato su altri periodi). Pare sensato ritenere che il termine del Medioevo, e dunque l’inizio della Modernità (cioè dell’epoca che ha dato origine al nostro mondo) sia da porre nel 1492?
So perfettamente che si tratta di una convenzione e la discussione è fine a se stessa, eppure anche a voler ben guardare questa data mi pare davvero poco sensata. In realtà, comunque, le date ipotetiche per la fine del Medioevo sono tradizionalmente tre.
- 1453, che coincide con la caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi e la fine dell’Impero Romano d’Oriente, nonché la fine della Guerra dei Cent'Anni tra Inghilterra e Francia.
- 1492, anno della caduta del Regno di Granada (ultimo baluardo musulmano in Spagna) e della conseguente unificazione delle corone spagnole, nonché della scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo.
- 1517, anno d’inizio della diffusione della Riforma Protestante.
Indubbiamente si tratta di date estremamente importanti. Eppure, se dovessimo trovare una data che indichi l’inizio di un cambiamento radicale del mondo intero, proprio a livello di mentalità (per lo meno della nostra storia, intesa come storia dell’Europa), allora tutte queste date, a mio avviso, non vanno bene.
La caduta di Costantinopoli è stato un fatto traumatico per le genti del posto, e ha dato immenso lustro all’Impero Ottomano; parimenti i Greci esuli hanno portato in Europa i testi classici. La prima motivazione è a mio avviso troppo locale, e la seconda troppo generica, anche perché i testi greci avevano iniziato a diffondersi molto prima, sin dall’Umanesimo. La Guerra dei Cent’Anni, a parte Inghilterra e Francia, non ha cambiato la vita a nessuno, e certamente non è stato un fatto che ha modellato il mondo moderno.
La seconda data è quella più comune, eppure nemmeno la scoperta dell’America e l’epoca delle grandi navigazioni e dei conquistadores ha modificato il mondo. A tal proposito riporto un (a mio avviso illuminante) brano di Storia e Ricerca - Dal Trecento al 1650.
“La stagione delle grandi scoperte geografiche apre orizzonti nuovi alla conoscenza, sconvolgendo antichissime certezze. Tuttavia permangono e resistono, ancora per lungo tempo, molte delle fantasie che hanno alimentato per secoli l’immaginario geografico.
I viaggi atlantici e la scoperta di nuove terre a occidente fanno emergere una caratteristica di fondo della scoperta e della prima conquista del continente americano: l’incapacità di tutti – da Colombo a Cortés, dai conquistadores ai missionari, dai più alti funzionari imperiali a coloro che stendono le relazioni di viaggio – di considerare quell’evento straordinario come un fatto davvero nuovo, che pone problemi inaspettati e pone questioni totalmente impreviste; appare, insomma, l’incapacità di uscire dall’orizzonte concettuale che ha guidato l’Occidente per più di 1000 anni.
Le fonti tradizionali del sapere europeo, le Sacre Scritture e i testi dell’antichità classica, paiono in grado, attraverso una lettura forzata e stravolgente, di fornire identità e storia al Nuovo Mondo, negandogli originalità e autonomia: la realtà è superata dall’immaginazione, l’esperienza dalla fantasia, il documento dall’invenzione. In altre parole, le novità geografiche non rappresentano una frattura rispetto alle storie narrate dalla Bibbia: il viaggio reale nel nuovo mondo ne ha generato un altro, tutto mentale, un viaggio di rimandi a ritroso nei secoli. Il già visto, l’identico, il simile, il già detto devono prevalere sul diverso, sul nuovo; tutto ciò che vi è nelle terre appena scoperte è ricondotto a labirintiche storie già note, dove si accavallano e confondono riferimenti cristiani, storie dell’Età dell’oro e del paradiso terrestre, racconti greci e latini sulle Amazzoni (da qui il nome del fiume Rio delle Amazzoni, dato da Vespucci), episodi di patriarchi biblici, apparizioni di fontane miracolose, di tesori della regina di Saba. La scoperta del nuovo continente è ricondotta a un capitolo di una storia già interamente prevista e narrata.”
Per gli Europei, insomma, l’America e in generale le nuove terre non erano altro che luoghi già noti ma mai raggiunti, e dei quali si faceva unicamente bottino da portare in patria: le prime vere colonie, quelle che diedero origine alle città attuali, sono di almeno un secolo successive. Non c’è stato dunque un cambio di mentalità, il mondo si è ampliato ma l’uomo non ha mutato il suo modo di vedere le cose: coloro che esploravano e saccheggiavano le nuove terre non erano uomini moderni, ma medievali.
Riguardo l’ultima data, la Riforma Protestante è certamente stata uno dei fatti maggiormente importanti del periodo, e tuttavia una nuova visione del cristianesimo non ha influenzato la mentalità della gente più della scoperta dell’America. Non voglio qui sminuire l’opera di Lutero, ma mi sento di dire che il protestantesimo ha fatto relativamente pochi proseliti in Europa (ancora oggi, i Paesi che abbracciano questa fede sono quelli che hanno sempre contato poco o niente, a livello politico, religioso ed economico, sullo scacchiere europeo, di cui l’Inghilterra è sotto ogni aspetto un caso a parte). La Riforma si espanderà vigorosa e poco ostacolata in Nord America, modellandone la società, ma solo nel XVII secolo.
Ciò che a mio avviso ha dato origine al mondo moderno, modificando completamente il modo di vedere le cose, è stata la Rivoluzione Scientifica, prodotto di tutti i fatti finora esposti, e la cui data d’inizio viene tradizionalmente indicata con il 1543, quando fu stampato il De Revolutionibus Orbium Coelestium di Niccolò Copernico (ciò postdaterebbe la fine del Medioevo di almeno mezzo secolo). A tal proposito riporto quanto dice Wikipedia a riguardo, visto che è una parte a mio avviso veramente ben fatta.
“La scienza moderna iniziò in Europa in un periodo di grandi cambiamenti. La riforma protestante, la scoperta dell'America da parte di Colombo, la caduta di Costantinopoli, l’Inquisizione spagnola, nonché la riscoperta di Aristotele nel XII/XIII secolo, fecero presagire grandi cambiamenti sociali e politici. Perciò si creò un ambiente adatto, nel quale fosse possibile mettere in discussione la dottrina scientifica, in modo simile a quello in cui Lutero e Calvino misero in discussione la dottrina religiosa. Si notò come i lavori di Tolomeo in astronomia, Galeno in medicina e Aristotele in fisica non fossero sempre in accordo alle osservazioni sperimentali. [...] Il desiderio di controllare le verità fino ad allora indiscutibili e cercare le risposte per le nuove domande che ne sorsero, produsse un periodo di grandi avanzamenti scientifici, che ora è noto come rivoluzione scientifica.”
Ed è proprio a partire da questo periodo che anche la mentalità degli uomini in relazione alle nuove scoperte viene a modificarsi. “L’aumento dei traffici intercontinentali, l’avvio delle prime serie esplorazioni dell’interno e delle coste delle nuove terre, il progredire delle conoscenze di matematica e di storia naturale, i primi passi di un pensiero laico, portano al declino delle più fantasiose descrizioni su luoghi spaventosi ed esseri irreali. Tra il 1550 e il 1650 le carte che raffigurano l’America acquistano via via maggior precisione nei particolari di coste, porti, fiumi, città, foreste, montagne; gli spazi bianchi vengono riempiti. Sta avvenendo un grandioso progresso della cultura e del sapere che nasce da un duplice apporto, attraverso un percorso circolare che si autoalimenta: da un lato, le carte precise permettono i viaggi di esplorazione; dall’altro, le imprese su lunghe distanze dei grandi capitani di mare portoghesi, spagnoli, italiani, inglesi, olandesi e francesi portano una quantità di informazioni che vanno ad arricchire le nuove mappe.”
Insomma, mi ritrovo a dire che, mentre un uomo del 1300 era sostanzialmente uguale a uno d’inizio 1500, un uomo d’inizio 1500 non poteva in nessun caso essere uguale a uno vissuto alla fine dello stesso secolo. Indi per cui mi schiero con i (pochi, in realtà) storici e filosofi che ritengono il Rinascimento come parte integrante e finale del Medioevo, e pongono la Modernità a metà del XVI secolo, quando Copernico diede il via al concetto di scienza che ci ha portato le auto, i computer e le biotecnologie.

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