Avete presente? Ecco, almeno lui qualcosa di buono lo ha fatto. |
Negli anni passati mi è già capitato di occuparmi della segnatura, ovvero quell’insieme di pratiche popolari volte a curare malattie, togliere fatture, benedire oggetti ma anche maledire e allontanare persone, il tutto fatto con orazioni segrete, piccoli rituali e gesti particolari, operati da uomini e donne dotate della “virtù”. Il più importante testo italiano sull’argomento a carattere antropografico è I guaritori di campagna di Paola Giovetti, di recente riedito in versione aggiornata; a esso si aggiunge Le streghe buone di Antonella Bartolucci, anch’esso rivisto un paio di anni fa con un capitolo sulla trasmissione delle segnature nell’era di internet. Oltre a questi esistono alcuni testi sui particolarismi regionali, come quelli di Centini e De Martino, ma soprattutto Le magie antiche, un’ampia raccolta di segnature a opera di Antonio Fernando Bonelli.
Qualche
temoo fa mi è capitato di iscrivermi a un gruppo Facebook che parlava per
l’appunto di segnature (legata a quest’ultimo testo), e ho potuto constatare
che si trattava per la maggior parte di persone che chiedevano di essere
segnate per problemi di svariata natura (soprattutto fisica, ma anche legale,
sociale e magica). Osservando il suddetto gruppo per un po’ di tempo sono
arrivato ad alcune conclusioni che mi sento di esporre, per fare un po’ di
chiarezza sull’attuale concetto di segnatura perché, se questo articolo partiva
con intenti accademici, si è per forza di cose trasformato, come vedrete, nella
critica a determinati lavori e pensieri operati da persone ben specifiche.
La “purezza” della segnatura.
Un
problema molto percepito da parte di coloro che dicono di praticare o anche
solo apprezzano la segnatura, all’interno di quel gruppo Facebook (ovviamente
chiuso ma con più di 12.000 membri), è la questione della sua “purezza”, ovvero
il tenerla ben differenziata da pratiche diverse (e “fantasiose”, come sono
state una volta definite), intendendo con questo, credo, tutte le forme di magia
che non rientrano nella segnatura. Il che in teoria andrebbe pure bene.
Come
ogni concezione di purezza, però, essa è molto utopica, anche in vista del
fatto che essendo una pratica popolare, la segnatura è (per citare Francesco Dimitri)
“profondamente impura”, essendo che mescola al suo interno molti elementi con
cui, per un motivo o per l’altro, uno specifico segnatore è entrato in
contatto. Questo si vede già benissimo nel libro del Bonelli quando, in
un’orazione contro il malocchio (presumo di origine sarda), si dice: “Non sia magia, non sia stregoneria questa
preghiera mia. Sia un mesto invoco ai santi, sia per il bene di tutti quanti.
San Cipriano è la mia mano, i santi Cosma e Damiano sian cura ad ogni malattia,
santa Maria il malocchio porta via.”[1] Ora, se la presenza della Madonna di
certo non sorprende, forse lo fa un po’ di più quella di Cosma e Damiano, ma è
soprattutto Cipriano a essere fuori posto: questo santo è, nella tradizione
iberica e latinoamericana, il “santo fattucchiere” per eccellenza (tanto da
avere un grimorio suo, il Ciprianillo),
ma al tempo stesso è misconosciuto in Italia; sembra allora sensato pensare che
questa orazione risenta come minimo di influenze spagnole, e che abbia davvero
poco di “indigeno”…
Altra
cosa che ho notato è che quasi tutti coloro che chiedono di essere segnati
forniscono il nome di battesimo (a volte anche il cognome) e la data di
nascita. Ora, né i segnatori che ho conosciuto (e di cui ho parlato ne Lo stregone del Monte Rosso e altre storie) né quelli intervistati dalla Giovetti hanno mai avuto bisogno di date
di nascita per fare segnature, fossero anche a distanza (escluso un unico caso nell’aggiornamento
del 2016): in effetti, a pura logica, non trovo alcun nesso tra un dato per
così dire calendariale o astrologico e la segnatura. Eppure sembra stia
diventando una pratica comune, per quanto nemmeno essa sia più vecchia di,
credo, una ventina d’anni, e mi sento di attribuirlo a influenze new age o di
altre forme di magia (anche perché, solo all’inizio del secolo scorso, molte
persone non sapevano quando erano nate, quindi un vincolo del genere non
avrebbe avuto senso, difatti si usavano più spesso il patronimico o il
matronimico).
Infine,
occorre parlare delle erbe, degli olii e delle candele. Ci sono infinite
tradizioni che parlano dell’uso delle erbe nelle pratiche magiche, e la
segnatura non fa eccezione: mi è stato ad esempio raccontato che in provinca di
Teramo, nella prima metà del secolo scorso, alcuni segnatori usavano la canapa intrecciata
per curare le storte, e sulla Giovetti si trovano altri casi di questo tipo. Ma
volendo vedere, già nella Toscana del 1594 Gostanza da Libbiano, un’anziana
segnatrice accusata di stregoneria, parlava dell’olio di iperico usato per
ungere i mali, del caprifoglio in polvere, degli estratti di zucca e della
candela bianca usata per recitare le orazioni per le puerpere. Respingere in
toto l’utilizzo delle erbe in quanto pratica estranea alla segnatura mi pare dunque
intellettualmente disonesto: al massimo si potrebbe dire che le formule sono
andate perdute, ma ciò non toglie che alcune potrebbero essersi conservate
ancora oggi, o che quelle di altre tradizioni possano essere utilizzate dai
segnatori che, come vedremo, sono di bocca fin troppo buona…
Magia a pagamento, di nuovo.
Il
discorso che intendo fare ora, va da sé, si basa sul fatto che tutte le persone
coinvolte credono nell’efficacia delle pratiche magiche.
In
un vecchio articolo che trovate QUI mi ero soffermato sul fatto che la magia
dovrebbe sempre essere a offerta, e citavo per l’appunto le testimonianze dei
segnatori della Giovetti: in realtà solo alcuni rifiutavano in toto le
donazioni, la maggior parte le accettava sia per buona creanza, sia perché in
alcuni casi si diceva che altrimenti il segno non avrebbe funzionato. Non
vorrei allora essere stato frainteso: il mio intento non era dire che un
segnatore (o un mago in generale) dovrebbe agire gratuitamente, bensì che non
dovrebbe chiedere nulla di suo, ma accettare quanto la gente gli offre (in base
a tante cose, non ultimo le disponibilità economiche); fanno eccezione riti
particolari che richiedono materiali o se lui di sua iniziativa decide di non
chiedere nulla, ma tant’è.
Cionondimeno,
è importante che il paziente (o cliente, o richiedente, o come lo si vuole
definire) dia qualcosa in cambio non soltanto per ciò che riceve (ovvero se
l’operazione funziona), ma anche semplicemente per il fatto che il mago usa le
sue conoscenze, il suo tempo, le sue energie e le sue risorse per operare a suo
favore. Non dare nulla implica, in un certo senso, non dare valore al lavoro
dell’altro e, sempre per citare Saluzio, “le
preghiere senza sacrificio sono soltanto parole”. E tutto questo a maggior
ragione in un mondo come il nostro dove, vista la penuria di lavoro, le persone
dotate della “virtù” a volte hanno solo il loro dono per poter tirare avanti, o
per arrotondare un magro stipendio. Questo concetto lo esprime magnificamente
un’anziana segnatrice di Somma Lombardo (VA) intervistata dalla Bartolucci: “Io quando tolgo il malocchio o l’invidia
chiedo un’offerta. Non è necessariamente in denaro, anche un po’ di verdura, o
frutta del proprio orto […] Ma gratis
no! […] Il lavoro energetico richiede
energia, energia che viene dal Divino e non va disprezzato: per quanto dai,
quanto ricevi! […] Il gesto di
raccogliere frutta e donarla indica il dare valore e il voler impegnarsi per
ottenere una guarigione. Se fa tutto un’altra persona per noi, sarebbe una
pappa facile e monotona… non avrebbe neppure sapore.”[2]
Questa
riflessione mi nasce da diversi racconti che mi sono stati fatti nel corso del
tempo, dove persone che venivano contattate da estranei in cerca di aiuto si
prodigavano in loro favore e, quando questi chiedevano cosa potessero dare loro
in cambio (perché ci tenevano a ripagare!), essi rispondevano con una modesta
cifra (ad esempio 10 o 20 euro); il cliente prometteva allora di pagare, ma in
realtà scompariva dalla circolazione in barba alla parola data (fatti simili
sono in realtà citati più volte anche dagli intervistati della Giovetti).
In
tutto questo, ricordiamoci che molte delle persone che richiedono le cure da un
segnatore si definiscono buone e devote cristiane. E che non di rado queste
stesse persone chiedono ai segnatori delle magie per coprire le loro relazioni
illecite, o incantesimi per allontanare i rivali, o fatture contro i parenti.
Il “corto circuito” della segnatura
“solitaria”.
La
raccolta del Bonelli vorrebbe sicuramente essere la più ricca per quanto
riguarda le formule e i rituali di questa tradizione, eppure ho potuto
osservare (assieme ad alcuni amici) che ha dato luogo a una sorta di “corto
circuito logico” che ha interrotto la catena delle iniziazioni per poi
riprenderla in maniera massiva e antitradizionale.
All’inizio
del primo volume, l’autore dichiara infatti: “Sono un ‘Iniziato’. Ho avuto le mie iniziazioni per la pratica di tre
differenti orazioni contro il malocchio (insegnatemi come ‘medicine
dell’occhio’), due orazioni di Sant’Antonio ed altro ancora, ho fatto ricerche
ed approfondimenti, dove è stato possibile farli e su tutti gli argomenti
trattati. Pertanto ritengo di essere una Persona Idonea ad apprendere ed
insegnare ad altri.”[3] Ma, precisa subito dopo,
non è che aprendo il libro si possono subito usare le formule: bisogna fare
attenzione a quando esse vengono insegnate, aspettare quella data (indicata nel
testo), e a quel punto si può iniziare a usarle. Insomma, il libro in questione
diventa una sorta di “iniziazione per corrispondenza” fatta a tutti i lettori,
in vista del fatto che lui stesso è stato messo a parte di questi segreti. E
dato che mi piace citarlo, l’accostamento col professor Emelius Browne viene
abbastanza facile.
Da
qui però nasce il corto circuito: il Bonelli è stato messo a parte di alcuni segreti della segnatura (tre per
il malocchio, due per l’ergotismo e altri), ma di certo non di tutte e 58 le
formule presenti nel libro (e aumentate ulteriormente nel secondo volume)!
Però, a suo dire, egli può comunque tramandarle, anche se è evidente che in
questo modo fa cadere la catena delle iniziazioni che, per molte di esse, si
era (presumibilmente) tramandata ininterrotta per secoli. Infatti a un lettore
qualunque basterebbe aspettare la data prescritta, e immediatamente
diventerebbe capace di compiere con efficacia i segni, anche in barba al fatto
che per alcune formule viene specificato che possono essere tramandate, ad
esempio, solo ad altre tre persone!
Ovviamente,
come ho potuto constatare dal gruppo Facebook, la cosa è andata ben oltre, e
ora sembra essersi venuta a creare un’immensa quantità di orazioni (in realtà
semplici preghiere, spesso malamente scritte da anonimi e spacciate per
segnature), corredate da discorsi sui mantra, il reiki, i parassiti astrali
(qualunque cosa siano) e altro ancora, che nulla c’entrano con questa pratica.
Insomma, non serve più che sia un’altra persona a trasmettere la sapienza
segreta, perché ora è tutta disponibile su internet, e per l’autorità
metafisica dell’autore tutti possono essere segnatori.
Del
resto, il Bonelli non accenna neanche una volta a un concetto sul quale tutti i
segnatori intervistati dalla Giovetti e dalla Bartolucci premono molto, ovvero
che per segnare è necessario avere il “dono” o la “virtù”, col quale si nasce o
si sviluppa con l’apprendistato, ma certamente non leggendo un libro. Le parole
funzionano, dicono anche, in vista del fatto che sono segrete, e se rivelate
perdono la loro efficacia. Ma, per sua stessa ammissione fatta su un altro gruppo, il Bonelli non ha mai letto il libro della Giovetti…
Insomma,
è venuta a crearsi una sorta di “segnatura solitaria” che, come per la wicca, è
un evidente segno dei tempi. Con la differenza, lo preciso, che la wicca
iniziatica sembra mantenere i suoi segreti, mentre la segnatura viene
sbandierata ai quattro venti. Una svalutazione dell’arcano e una finta riscoperta
della tradizione, insomma, che parte dalla distruzione della tradizione stessa.
Le segnature da conservare e quelle da
buttare.
Come
accennato, le segnature descritte ne Le magie
antiche non sono associate a una specifica origine geografica: in copertina
viene detto che esse provengono da “nord
Sardegna, ovest e nord est Piemonte, centro e Sud Italia”; in questo modo,
però, il lettore non può sapere se la segnatura contro il malocchio a p. 106 è
sarda, piemontese, campana o di un’altra regione ancora. Il che potrebbe non
importare a chi è più interessato all’efficacia pratica delle stesse, ma di
contro interessa molto chi, come il sottoscritto, si occupa di folklore locale,
o anche a una persona qualunque alla quale interessa riscoprire le tradizioni
della sua terra natale (cosa che in teoria il libro si propone di fare).
Interrogato
sulla questione, e cioè come si facesse a distinguere
l’origine delle varie segnature da lui raccolte, l’autore ha risposto sul suo gruppo che esse provengono quasi tutte dalle province di Sassari, Cuneo e
Novara, e solo in minima parte dal resto d’Italia, specificando inoltre che le
segnature piemontesi si ritrovano praticamente uguali in Sardegna e nell’Italia
Meridionale, e che le differenze riguardano per lo
più la trasmissione delle stesse. Tuttavia, dopo avergli esposto più nel
dettaglio il problema (ovvero l’impossibilità di distinguere una formula sarda
da una piemontese all’interno del suo libro), il Bonelli ha risposto che è
difficile stabilire un’origine certa, perché le segnature sono tutte
estremamente simili tra loro, con minime variazioni (ad esempio verrebbero
sostituiti i santi coi patroni dei paesi dove viene praticata la segnatura).
Questa
risposta fa sorgere, per quel che mi riguarda, due problemi: il primo, è che
l’autore del libro e raccoglitore delle formule in questione sembra ignorare la
loro provenienza specifica, il che mi fa domandare in che modo siano state
allora raccolte (se una signora cuneese mi parlasse di una segnatura, e io la
mettessi su un libro, saprei che è una formula cuneese e potrei specificarlo). Il
secondo problema è che, in vista di una presunta similitudine tra le formule in
questione (in realtà già evidenziata dalla Giovetti, ma con le dovute cautele),
il Bonelli pare dire che, per il suo libro, ha attuato una “scrematura” delle
segnature, tenendo una determinata formula e scartando le varianti locali di
cui è venuto a conoscenza in vista del fatto che, per l’appunto, erano varianti
di qualcosa che già sapeva.
Questa
operazione, che prevede che l’autore (già maestro metafisico che inizia secondo
la tradizione ma rompendo con la tradizione stessa) decida quali formule devono
sopravvivere all’oblio e quali no, è la morte della ricerca folklorica, in
quanto le tradizioni di un luogo vengono cestinate secondo i dettami di
qualcuno a cui questa cosa semplicemente non interessa. E dunque, se io volessi
un giorno conoscere le segnature tipiche di una zona, o tracciare una mappa di
diffusione di una formula, non potrei farlo, perché l’unico che aveva queste
informazioni ha stabilito che erano solo piccole variazioni. A meno che,
ovviamente, non si debba dare per scontato che le 58 formule del primo libro
esistessero praticamente uguali sia in Piemonte che in Sardegna che in altre
parti d’Italia, e dunque non servisse specificare nulla… Cosa che in realtà
ritengo abbastanza improbabile.
“Non importa il perché!”
Come
detto, sul gruppo in questione si trovano non solo preghiere ai santi, ma
anche cose che nulla c’entrano e in netto contarsto col cristianesimo: ad esempio,
se da un lato sono stato rintuzzato per aver parlato dell’uso delle erbe (che a
detta di un’amministratice nulla c’entrerebbero con la segnatura), di contro
costei pratica una “segnatura contro i parassiti astrali” (nella quale viene
invocata l’energia cristica di Gesù, l’aiuto e la protezione dei Maestri del
Potere Spirituale Superiore e dell’arcangelo Michele, per tagliare i lacci
magnetici che impediscono l’evoluzione del soggetto). Oppure, quando un’utente
si interrogava pubblicamente su come un segnatore dovesse rapportarsi col karma del paziente (sic!), la stessa
rispondeva che il destino è già stato deciso da Dio, e dunque le segnature
possono alleviare ma non modificare la volontà divina (in barba al libero
arbitrio del cristianesimo).
Tutto
questo strano e confuso insieme, dove si mescolano bigottismo cattolico e
concetti new age, mi ha dunque portato a interrogarmi seriamente sulla serietà
dell’opera del Bonelli stesso e delle persone che frequentano il suo gruppo ufficiale, sia nei modi che ho espresso sopra, sia sulla sua effettiva
preparazione in materia. Ne è dunque nata una discussione che riassumerò nel
presente articolo, avendo come protagonisti me, l’amministratrice di cui sopra
e lo stesso Bonelli.
Sono
partito facendo notare che spesso, nella segnatura, si presentano elementi che
appaiono esterni al cristianesimo: domandavo dunque in che modo le segnature
(evidentemente cristiane, a vedere il gruppo in questione) potevano essere
distinte tra “canoniche” e fasulle. L’amministratrice mi risponde che in ogni
cultura ci sono cose simili alle segnature, semplicemente quelle cristiane si
distinguono per elementi come la presenza dei santi, ma ce ne sono alcune che
non li nominano: a lei personalmente questa cosa non sembra interessare, e non
si è mai posta un simile problema, perché le fa con fede. A quel punto il Bonelli mi spiega l’etimologia di
segnatura (da signo, diventato poi
sinonimo di “segno della croce”), ma che pratiche simili si ritrovano anche nel
paganesimo, ovviamente con segni diversi; fa quindi notare che molte segnature
cosiddette “cristiane” fanno in realtà uso di elementi “pagani” (conchiglie,
sassi, chicchi di grano e via dicendo), e che dunque in molti casi si
tratterebbe di riti antichi adattati al cristianesimo.
La
mia domanda originaria, su come si distingua una segnatura vera da una fasulla,
resta comunque senza risposta, ma decido di approfondire la questione portata
all’attenzione dal Bonelli stesso, e chiedo se le segnature (in vista della
loro origine pagana) siano associabili a qualche civiltà dell’Italia antica.
Vengo subito ripreso dall’amministratrice, che mi dice da un lato che i
segnatori usavano quello che trovavano, senza stare a pensarci (come il fico,
che cresceva in ogni cascina), e dall’altro che proprio per questo non serve
tirare in ballo Romani e Celti; anzi, parlare di pratiche pagane rischia di
portare a parlare della “ritualistica”, che non c’entra nulla con l’argomento
del gruppo.
Faccio
allora notare che la faccenda del paganesimo è stata tirata in ballo dal
Bonelli, non certo da me, e oltre a questo faccio presente che, da racconti
fattimi in prima persona, nel Teramano del secolo scorso si usava il noce per
alcune segnature, e veniva specificato che doveva essere proprio quella pianta,
e non il melo, il pero o il ciliegio: la mia domanda, insomma, nasceva dal
fatto che potesse esistere o meno una particolare simbologia delle piante. Mi
viene quindi risposto che le segnature vengono fatte col cuore e il perché
siano così non è importante ma, quando ribatto che a uno studioso di storia e
folklore il perché importa eccome (citando anche De Martino), il Bonelli
interviene chiudendo il tutto, dicendo che si sta andando off-topic e che mi
sono già state date abbastanza informazioni che spera siano utili ai miei
studi. A conclusione, in un altro topic, l’amministratice pensa bene di
lanciarmi una frecciatina, dicendo (riguardo tutta la discussione) che lei le
segnature le fa col cuore, ma evidentemente non tutti hanno la sua stessa
“fede”.
Questo
atteggiamento è in realtà molto diffuso presso tutti. In un determinato giorno,
ad esempio, qualcuno passa una “segnatura”, che di base può essere appresa solo
in quel momento; se una persona la vuole, ma non arriva in tempo, nulla le
impedisce di scaricare il file e prenderla comunque. Se poi la segnatura in
questione richiede qualche strumento, e quella non lo ha, sembra sia lecito
recitarla comunque, perché tanto “basta la fede” a far funzionare il tutto, Dio
ascolta sempre. Ma, a questo punto, che senso ha parlare di giorni
prestabiliti, di strumenti specifici, insomma di segnature? Una preghiera
recitata col cuore vale quanto una segnatura tramandata da secoli… Si tratta
dunque solo di estetica?
Cos’è una segnatura?
Ricapitolando:
per quanto l’amministratrice sia stata la vera protagonista della discussione,
vorrei tirare le somme e far notare alcuni comportamenti del Bonelli, ovvero
che difficilmente risponde a una domanda in maniera diretta, perché la maggior
parte delle volte (come visto anche sopra) tende a girarci attorno o a sviare
l’argomento. A questo aggiungo che più di un segnatore da me contattato (e che
ha ricevuto i segni in maniera tradizionale) ha detto che non trova alcuna
corrispondenza, neanche minima, tra le formule e le pratiche del libro del
Bonelli e le proprie (e io continuo a trovare sospetta l’aria “afroamericana”
di tante formule e rituali, ad esempio quello delle buste a p. 269 del primo
volume, molto vicina all’incantesimo santero di sant’Alessio per allontanare
una persona).
È
anche interessante notare come, nell’aggiornare i propri libri nel 2016, né la
Giovetti né la Bartolucci abbiano preso in minima considerazione il Bonelli e
la sua opera: la seconda, addirittura, ha intervistato l’amministratore del gruppo I Guaritori di Campagna, di cui il Nostro faceva parte anni fa per poi
essere bannato in quanto, mi è stato detto, la usava per pubblicizzare privatamente il suo libro. E a questo posso anche crederci, essendo che ho
trovato pubblicità de Le magie antiche
anche su gruppi Facebook di teenager “satanisti” appassionati di occultismo (ma probabilmente si trattava
di un pio tentativo di conversione!). E anche il fatto che il secondo volume de
Le magie antiche riporti per più
della metà le stesse segnature del primo (e siano stati pubblicati lo stesso
anno) mi dà un po’ da pensare…
Una
cosa interessante viene anche dalle interviste radiofoniche al Bonelli (che
trovate facilmente su YouTube), che esplicano il suo pensiero sulla faccenda in
maniera piuttosto approfondita: in una di esse, al di là della feroce ma
stereotipica critica alla Chiesa Cattolica, dice che le segnature si ritrovano
anche in altre civiltà e religioni, ad esempio nel mondo arabo, dove si
recitano preghiere speciali per guarire determinati mali. Ma, a questo punto,
qualunque forma di scongiuro o per estensione di magia “semplice” rientrerebbe
nella segnatura, che perderebbe le sue caratteristiche peculiari (come in
effetti accade sul suo gruppo, dove chiunque sembra essere in grado di
segnare recitando delle semplici preghiere).
Ma
le sue segnature funzionano? Del resto dovrebbe essere quello l’importante, e a
sentire i membri del suo gruppo sembrerebbe di sì… Anche se, in effetti, essi
(oltre al venerare il Bonelli come un santo vivente) usano praticamente
qualunque cosa capiti loro a tiro e che abbia il nome di un santo. Ma per
spiegare questo, rimando ai concetti della chaos
magick trattata brevemente QUI, dove trovate anche un sunto sulle
caratteristiche della segnatura.
A
voi il tirare le somme… A me se non altro consola il fatto che nessuna
segnatura reale dovrebbe essere stata consegnata all’oblio in questo modo.
Sì,
lo so, è tutta invidia, signora mia.
BIBLIOGRAFIA (seria)
· AA. VV., Int u segnu. Guaritori popolari e pratiche magiche nelle Quattro Province, Barabàn (2014)
· AA. VV., Le tradizioni popolari in Italia. Medicina e magia, Banca Provinciale Lombarda (1989)
· Antonella Bartolucci, Le streghe buone. I simboli, i gesti, le parole. Come muta la medicina tradizionale nell’era di internet, Aliberti (2016)
· Franco Cardini, Gostanza, la strega di San Miniato, Laterza (1989)
· Massimo Centini, La medicina dimenticata. Magia e medicina popolare in Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, Yume (2014)
· Massimo Centini, Medicina sacra. Viaggio nelle pratiche medico-magiche del folklore italiano, Accademia Vis Vitalis (2011)
· Ernesto De Martino, Ricerca sui guaritori e la loro clientela, Argo (2008)
· Paola Giovetti, I guaritori di campagna tra magia e medicina, Mediterranee ( 1984, ried. 2016)
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· Franco Cardini, Gostanza, la strega di San Miniato, Laterza (1989)
· Massimo Centini, La medicina dimenticata. Magia e medicina popolare in Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, Yume (2014)
· Massimo Centini, Medicina sacra. Viaggio nelle pratiche medico-magiche del folklore italiano, Accademia Vis Vitalis (2011)
· Ernesto De Martino, Ricerca sui guaritori e la loro clientela, Argo (2008)
· Paola Giovetti, I guaritori di campagna tra magia e medicina, Mediterranee ( 1984, ried. 2016)
[1] Antonio
Fernando Bonelli, Le magie antiche,
Edizioni Le Magie Antiche (2015), vol. 1, pp. 65-66.
[2] Antonella
Bartolucci, Le streghe buone. I simboli,
i gesti, le parole. Come muta la medicina tradizionale nell’era di internet.
Aliberti (Novara 2016), p. 80.
[3] Antonio
Fernando Bonelli, Le magie antiche,
Edizioni Le Magie Antiche (2015), vol. 1, pp. 65-66.