LO
SPIRITISMO
Le sorelle Fox: Margaret, Kate e Leah. |
A metà strada tra religione, scienza e
magia, lo spiritismo (in inglese spiritualism)
si basa su due credenze principali: la prima è che l’anima sopravvive alla
morte, e la seconda è che i vivi possono comunicare coi defunti. Questa
corrente trae origine, più che dalle credenze antiche, da due autori
principali: il primo, il visionario svedese Emanuel Swedenborg (1688-1772),
scrisse alcuni testi dopo aver ricevuto una serie di rivelazioni divine, e in
alcuni di essi affermò che esistono solo due piani di esistenza, cioè il mondo
spirituale (reale) e quello materiale (illusorio); sosteneva che, dopo la
morte, le anime permanevano ancora per lungo tempo sulla terra, e anche quando
accedevano al Paradiso o all’Inferno continuavano le attività fisiche
(lavorare, giocare, sposarsi, combattere, commettere crimini, sostenere
governi). Parimenti, anche gli scritti di Franz Mesmer (1733-1815)
influenzarono molto lo spiritismo: alla base della sua teoria vi era l’ipotesi
che un fluido magnetico (detto a volte “sesto senso”) circondasse e collegasse
ogni persona, la terra e le stelle, il cui squilibrio provoca le malattie; il
mesmerismo prevedeva l’utilizzo dell’ipnosi per effettuare le guarigioni e,
dato che diversi pazienti sostennero di aver comunicato coi defunti durante il
trattamento, gli spiritisti adottarono il metodo per indurre la trance. Sebbene le dottrine di
Swedenborg e Mesmer fossero (a detta dei loro stessi creatori) inconciliabili,
vennero unite per ottenere da un lato la cosmologia e dall’altra il metodo
parascientifico dello spiritismo: di fatto questa nuova dottrina non insegnava
a credere nell’aldilà, ma ne dimostrava l’esistenza.
I medium,
gli estatici dello spiritismo, agiscono da intermediari coi defunti affinché
essi possano comunicare coi vivi in circostanze controllate; essi nascono con
il dono, sebbene a volte lo ricevano a seguito di un evento traumatico. I medium operano in genere in una stanza
poco illuminata, aiutati da un gruppo di persone che si tengono per mano, e
incanalano in trance l’anima che si
manifesta per parlare tramite la sua voce. A volte le manifestazioni spiritiche
sono anche fisiche: telecinesi (lo spostamento degli oggetti, e a volte persino
del medium stesso, tramite
levitazione), effetti termodinamici (suono di strumenti musicali) e
materializzazioni spiritiche (attraverso la manifestazione fisica di un
fantasma, o la fotografia degli spiriti, più raramente l’apparizione di oggetti
come fiori, libri e gioielli). Quando un defunto si manifesta, lo fa attraverso
una sostanza gelatinosa o simile al vapore (il cosiddetto ectoplasma, cioè
“sostanza esteriorizzata”), che fuoriesce dagli orifizi del medium e prende forma umana o di parti
del corpo umano (un fenomeno osservato già prima della nascita dello
spiritismo). Parimenti, le manifestazioni per così dire “mentali”, ovvero le
parole dei defunti (manifestate durante trance
con la chiaroveggenza, la chiaroaudienza, la telepatia, e la scrittura e la
parola automatiche, dette channeling),
fornirebbero la prova dell’esistenza della vita oltre la morte: secondo gli
spiritisti, infatti, quando una persona muore la sua anima resta nel “piano
terrestre”, per poi innalzarsi a stadi superiori sempre più spirituali tramite
i progressi di conoscenza e di insegnamenti morali; va da sé che, a causa di
questa concezione, molti seguaci di questa corrente si staccarono da una
visione dell’aldilà di stampo cristiano.
Lo spiritismo venne fondato nel 1848 da
Kate (1836-1892) e Margaret Fox (1834-1893) quando, nella loro casa ad
Heydesville, nello Stato di New York, dopo che la loro famiglia aveva
continuato sin dall’anno prima ad assistere a manifestazioni spiritiche (nella
forma di colpi), cercarono di entrare in contatto con il defunto in questione
tramite una seduta, facendosi poi promotrici della tecnica medianica, ed
esportando lo spiritismo anche in Europa. Il padre e codificatore dello
spiritismo fu però il pedagogista francese Allan Karedec (1804-1869, nato
Hyppolite Rivail), e tra i più celebri medium
vanno ricordati lo scozzese Daniel Home (1833-1886) e l’italiana Eusapia
Palladino (1854-1918); tra i seguaci della dottrina merita una menzione lo
scrittore Arthur Conan Doyle (1859-1930), e fra coloro che lo avversarono va
ricordato il prestigiatore Harry Houdini (1874-1926). Lo spiritismo ebbe il suo
culmine alla fine del XIX secolo, e un importante revival dopo la Prima Guerra
Mondiale, per poi essere per lo più abbandonato.
Una menzione particolare merita la
famosa tavola ouija, (dall’unione
della parola “sì” in francese e tedesco), un indicatore di forma triangolare
che viene posto sopra una “tavola parlante” sulla quale è stampato l’alfabeto,
i numeri da 0 a 9, e le parole “sì” e “no”. Brevettata da Elyah Bond
(1847-1921) nel 1890, prevede che il medium,
guidato dall’anima del defunto, faccia passare l’indicatore su lettere e numeri,
in modo da creare frasi di senso compiuto.
LA
TEOSOFIA
Helena Petrovna Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica. |
Sebbene il termine teosofia (dal greco theos, dio, e sofia, sapienza, ovvero “sapienza divina”) sia stato impiegato
varie volte nel corso dei secoli (soprattutto negli ambienti neoplatonici
dell’Antichità e del Rinascimento), esso divenne famoso a partire dal 1875 con
la fondazione della Società Teosofica, a opera di Helena Blavatsky (1831-1891)
ed Henry Olcott (1832-1907). Tale organizzazione si basava su tre princìpi
fondamentali: formare un nucleo di fratellanza universale senza distinzione di
razza, credo e sesso; incoraggiare lo studio comparativo delle religioni, delle
filosofie e delle scienze; esplorare le leggi inspiegabili della natura e del
potenziale umano. Nel corso dei decenni, soprattutto dopo la morte di Madame
Blavastky nel 1891, essa si scisse in varie correnti indipendenti, la più
famosa delle quali è la Società Antroposofica di Rudolf Steiner, fondata nel
1912 e ancora in piena attività, sebbene nessuna di esse sia dotata dell’autorità
di “interpretare la teosofia” secondo i dettami della fondatrice.
La teosofia non sarebbe altro che la
conoscenza del “mondo sconosciuto” (non limitato a quello dello spiritismo e
del positivismo razionalista) e la conseguente capacità umana di controllarne
le forze al di là della realtà naturale conosciuta; essa non era dunque solo
teoria, ma pratica, e ben presto il termine arrivò a diventare sinonimo di
magia, occultismo, teurgia e cabala; la Blavatsky arrivò perfino a dire che la
teosofia era “la grande religione
universale […] trasmessa di padre in
figlio fra il popolo che viveva nella culla dell’umanità, l’Oriente”. Essa
permetteva dunque all’uomo di controllare la realtà tramite il principio vitale
che tutto unisce, e in vista di ciò si ritenne che ogni dottrina magica fosse
valida in quanto divinamente ispirata: questo portò all’accostamento e
all’unione pratica di forme di magia (e di tradizioni) molto diverse fra loro,
unendo così elementi della religione egizia allo yoga indiano, o credenze celtiche
alla teurgia greca; un posto rilevante ebbe comunque la cabala, in quanto la
Società Teosofica non si distaccò mai completamente dalla credenza per la quale
ebraismo e cristianesimo fossero le rivelazioni divine più pure (pur
abbracciando dichiaratamente la dottrina della reincarnazione).
LA
MAGIA CERIMONIALE
Aleister Crowley col suo altare durante un rito magico. |
Sviluppatasi nel corso dei secoli, e
venuta a contatto con altre dottrine esoteriche e filosofiche (soprattutto dopo
la riscoperta di tradizioni egizie e orientali, ma anche tramite la magia enochiana
di epoca elisabettiana), la negromanzia ebbe il suo apice a cavallo tra XIX e
XX secolo nella nuova forma di magia cerimoniale. Essa trae il suo nome dai
lunghi e complessi rituali (molto più elaborati di quelli medievali),
comprendenti tutta una serie di accessori, rappresentanti gli elementi
metafisici e la psicologia del mago stesso. Crowley esplica questa simbologia:
il cerchio disegnato a terra coi nomi divini, l’altare, la bacchetta (la vera
volontà), il calice (la comprensione), la spada (la ragione) e il pentacolo (il
sentimento); sull’altare devono esserci anche una fiala d’olio (l’aspirazione,
per consacrare gli oggetti al proprio intento), mentre il mago deve essere
circondato da una frusta, un pugnale e una catena, destinati a mantenere puro
il suo scopo; sono inoltre necessari una lampada a olio, un libro di scongiuri
(il cosiddetto grimorio) e una campana, così come una corona (la divinità del
mago), una veste rituale (il silenzio) e un lamen
(il lavoro magico, nella forma di un sigillo, spesso portato al collo).
La figura più emblematica di mago
ottocentesco è certamente quella di Eliphas Lévi (1810-1875, nato
Alphonse-Louis Constant): legato per tutta la vita, seppur non senza contrasti,
ad ambienti cristiani e socialisti, intrattenne rapporti con gli esponenti
delle più diverse branche dell’esoterismo; nel 1853 ricevette un’iniziazione
cabalistica, e assunse il nome magico col quale divenne famoso. Nel 1856
scrisse il Dogma e Rituale dell’Alta
Magia, seguito poi da altri scritti di argomento esoterico, nei quali
palesava la sua passione per i tarocchi e la cabala (considerata la chiave
d’interpretazione di ogni mistero), senza però mai distaccarsi da un approccio
di stampo cristiano; pur credendo nell’avvento di una nuova era, rinnegò le
dottrine di Swedenborg, di cui era stato lettore, e criticò ampiamente Mesmer:
non sarebbe la pratica della magnetizzazione a provocare le guarigioni, ma un
accidentale influenza che ciò ha sul “grande agente magico”, la luce che crea
il “corpo astrale” dell’uomo, fattore che spiega ogni manifestazione
soprannaturale e che può essere manipolato grazie alla pratica magica. Lévi
divenne in breve la figura archetipica del mago moderno, mistico non
superstizioso, un po’ scienziato e un po’ politico.
In quest’epoca di grande fermento
intellettuale ed esoterico vennero a svilupparsi diversi ordini magici segreti
in tutta Europa, spesso di derivazione massonica o rosicruciana, primo fra
tutti l’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata (in inglese Hermetic Order of the Golden
Dawn, abbreviato spesso in Golden Dawn). Fondato nel 1888, era diviso in tre
gradi iniziatici: il primo si incentrava sullo studio della cabala,
dell’astrologia, dei tarocchi, della geomanzia e della magia elementale, il
secondo (il Rosae Rubeae et Aureae Crucis)
della cristalloscopia, del viaggio astrale e dell’alchimia, e il terzo (i Capi
Segreti) era costituito da entità spirituali che dirigevano i gradi
sottostanti, rivelate ai fondatori dell’ordine (come il resto della struttura)
nel Manoscritto Cipher, risalente
forse agli ambienti rosicruciani d’inizio XIX secolo. Altra importante
organizzazione fu l’Ordine del Tempio d’Oriente (in latino Ordo Templis
Orientis, abbreviato in O.T.O.), fondato nel 1895 dall’austriaco Karl Kellner
(1850-1905), esperto di yoga e tantrismo, che sviluppò una serie di rituali di
magia sessuale. La magia cerimoniale restò comunque ancorata alle tecniche e
alla filosofia del passato, non ultimo lo stampo cristiano della pratica, come
nel caso del martinismo fondato da Papus (che vedremo più oltre): le entità con
le quali si aveva a che fare durante i rituali non erano considerate del tutto
“esterne”, ma almeno in parte “interne” al mago, in quanto figure archetipiche,
una sorta di abito che il mago doveva vestire per operare gli incantesimi; in
questo modo era possibile il raggiungimento di un equilibrio tra sé e il cosmo
senza distaccarsi dalla religiosità tradizionale, almeno fino al rinnovamento
operato in seno all’O.T.O. stesso.
L’inglese Aleister Crowley (1875-1947, nato Edward Alexander Crowley),
membro sia della Golden Dawn che dell’O.T.O., fu il primo a distaccare il suo
operato di mago dal cristianesimo, soprattutto dopo il suo viaggio in Egitto,
quando ricevette una rivelazione da parte di uno spirito di nome Aiwass (il dio
Horus), che mise per iscritto nel 1904 col titolo di Liber AL, o Libro della Legge,
di cui alcuni passi risultarono oscuri persino a lui stesso, ma che annunciava
in generale l’inizio di una nuova epoca, il cosiddetto “Equinozio degli Dèi”.
Il principio più importante della mistica crowleyana è il “fare quel che vuoi
sarà tutta la tua legge”, col significato di abbracciare e seguire la propria
Vera Volontà, che inizialmente nessun uomo conosce, e che va scoperta tramite
l’esercizio psicofisico, non ultimo quello magico: una volta compresa, l’uomo
deve seguirla accettando tutte le difficoltà e i sacrifici che essa comporta.
Il limite a tutto ciò è la Volontà altrui: è necessario amare gli altri e non
chiudersi in sé stessi, poiché “Amore è
la legge, Amore sotto il dominio della Volontà”, in quanto tutte le Volontà
umane si armonizzano fra loro grazie all’Amore, alla maniera del moto delle
stelle. Crowley sviluppò inoltre il concetto di entità soprannaturali che il
mago manifesta durante gli atti magici: egli incanala la forza spirituale,
traendola da sé stesso o dall’esterno, in un atto che venne denominato god form (forma divina), e che divenne
pratica comune in molte forme di magia successiva: di fatto egli affermava che
gli spiriti e gli dèi delle antiche religioni non erano solo archetipi
dell’anima dell’uomo, ma erano al tempo stesso entità reali, intelligenze
sovrumane esterne all’uomo. Di fatto, con Crowley (e la nascita della sua
filosofia magico-religiosa, denominata Thelema, dal greco thelema, volontà) abbiamo il distacco della magia cerimoniale dalla
tradizione moderna e la nascita della sua forma contemporanea.
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