L’ASTROLOGIA
Il sistema tolemaico, coi sette pianeti e lo Zodiaco. |
Sviluppatasi sin dagli albori
dell’umanità in Mesopotamia, l’astrologia, ovvero lo studio dei corpi celesti,
si divide ancora oggi in tre branche funzionali: l’astrologia individuale o
genetlialogia, per la quale dalla posizione degli astri al momento della
nascita (o dell’anniversario della nascita) di una persona si desume come i
corpi celesti influiscano sul suo carattere e sul suo destino (e ci si può
regolare di conseguenza per matrimoni, carriera e altro); l’astrologia
catarchica, che può essere usata per le “interrogazioni”, cioè per sapere, in
base al momento stabilito per un viaggio, un matrimonio o una battaglia, quale
sarà l’esito, ma può viceversa essere usata per sapere, riguardo un’azione,
qual è il momento propizio per iniziarla; infine, l’astrologia mondana o
universale, che prevede gli avvenimenti collettivi, sia in rapporto alle
condizioni atmosferiche che alle comunità umane. La funzione degli astrologi
nelle corti medievali e rinascimentali, dunque, sembra fosse di accertare il
“quando”, piuttosto che il “cosa” o il “se”, e dunque essi avevano l’incarico
di indicare il momento più propizio per gli atti importanti. Non solo:
l’astrologia era anche utile in medicina (iatromatematica), poiché ogni parte
del corpo era presieduta da un pianeta o da una costellazione, e dunque
occorreva tenerne conto durante le operazioni (non a caso nelle università
l’astrologia era una delle materie di studio). Tuttavia, esattamente come nella
Roma imperiale, anche nel Medioevo predire la morte di un principe era una
faccenda rischiosa, ai limiti del tradimento.
Il più grande astrologo del mondo antico
fu Tolomeo (100-175), la cui opera, il Tetrabiblos,
divenne il manuale di tutte le generazioni di astrologi delle epoche
successive: in essa, basata ovviamente sul sistema geocentrico, l’autore parlò
diffusamente di tutte le caratteristiche dei vari pianeti (Mercurio, Venere,
Marte, Giove, Luna, Sole e Saturno), che si muovevano nel cielo a diverse
velocità ma sostanzialmente allo stesso modo, e dello Zodiaco, le cui dodici
case si muovevano con progressione regolare. Quale però fosse l’influenza che
tutti questi corpi celesti esercitassero sulla vita umana fu sempre una
questione controversa per gli astrologi post-tolemaici: di base, la potenza
dell’influsso dipendeva in parte dalla posizione dell’astro in cielo, e
conoscendone anche l’identità si poteva misurare l’intensità dell’influsso,
mentre il carattere dell’influsso stesso era insito nell’astro,
indipendentemente dalla sua posizione (la Luna presiede alla follia, Venere
alla sensualità, e via dicendo). Muovendosi nel cielo, un pianeta passa
successivamente per tutte le dodici case dello Zodiaco, dunque dalla prima
dipende la personalità, dalla seconda la fortuna, eccetera: ciò vale
soprattutto per gli oroscopi dei nascituri, in quanto il bambino appena uscito
dal grembo materno sarebbe ancora tenero e malleabile, e dunque particolarmente
sensibile all’influenza dei corpi celesti (il segno zodiacale principale
dipende invece dalla posizione del Sole, in quanto esso passa da una casa
all’altra ogni mese, sebbene in astrologia esso sia soltanto uno dei numerosi
fattori da considerare nel fare una previsione).
Osteggiata sin dal principio da autori
cristiani come Agostino di Ippona e Isidoro di Siviglia, i quali non ritenevano
sensato che gli astri potessero influire sull’anima, nel Basso Medioevo e nel
Rinascimento si ammetteva comunemente che gli astri influissero sul corpo umano
e sul clima, e non c’erano obiezioni sull’applicazione dei principi astrologici
in medicina o meteorologia. Se da un lato taluni membri del clero obiettavano
che gli astri non potessero avere un’anima intelligente se non essendo angeli e
demoni (e gli angeli non avrebbero potuto far nascere una persona ladra o
assassina), gli astrologi ribattevano che il loro studio non era religioso, ma
scientifico, e che le stelle non erano la causa, ma solo il segno degli eventi
futuri (si potevano dunque prevedere tendenze generali, ma non singoli eventi
casuali, e l’uomo poteva comunque vincere l’influsso astrale grazie al libero
arbitrio). Ovviamente esistevano anche posizioni più estremiste, che vedevano
nell’astrologia il sapere supremo per conoscere ogni cosa, ma erano
minoritarie.
Nel Rinascimento diversi maghi e
filosofi svilupparono i concetti dell’astrologia, rendendo di fatto quest’epoca
la più significativa per la storia di questa pratica. Marsilio Ficino
(1433-1499), ad esempio, rigettava l’astrologia divinatoria, ma ne riconosceva
la funzione medica e magica, in quanto gli astri influenzavano la natura e il
corpo dell’uomo, sebbene non la sua anima; Pico della Mirandola (1463-1494) era
ancora più radicale, relegando l’influenza delle stelle al solo ambiente
naturale, mentre Pietro Pomponazzi (1462-1524) affermava che ciò che gli astri
producono con le loro influenze non è qualcosa di misterioso, ma semplicemente
di non ancora noto all’uomo. In ogni caso l’astrologia si sviluppò enormemente
grazie ai progressi dell’algebra e della trigonometria, e si pubblicarono delle
tavole apposite per semplificarne i calcoli, come le Tabulae Directionum di Regiomontano del 1467, dando la possibilità
anche alle classi inferiori di impararla. Sebbene la figura di astrologo più
celebre fu Nostradamus (1503-1566), il vero riformatore fu Girolamo Cardano
(1501-1576): da un lato, egli metteva in guardia le persone dagli astrologi
incompetenti, che facevano predizioni troppo semplici dovute al fatto che non
tenevano conto di tutti i fattori necessari, e dall’altro riteneva l’astrologia
non una scienza matematica, ma ermeneutica, ovvero da sviluppare e migliorare
soprattutto con l’esperienza e la verifica pratica; dettò inoltre le nove
regole del buon astrologo, fra le quali il non fare predizioni semplicistiche,
non fare l’oroscopo ai criminali, non nascondere eventuali sventure ai sovrani,
e così via.
Fu soprattutto il pensiero razionale
illuminista (e non l’eliocentrismo, che l’astrologia adottò senza problemi
grazie al sistema ticonico) ad allontanare questa pratica dall’ambito degli
studi accademici; cionondimeno, con la scoperta di nuovi corpi celesti (Urano
nel 1781, Cerere nel 1801, Nettuno nel 1846, Plutone nel 1930 e Chirone nel
1977) e alla riscoperta dell’esoterismo nel XIX secolo, essa ha ripreso vigore,
sebbene gli astrologi professionisti lamentino spesso la sua banalizzazione a
causa degli oroscopi sulle riviste e in televisione, spesso effettuati per
mezzo di generatori casuali e dunque senza alcuna validità.
LA
MAGIA NATURALE
Un anello medievale cristiano con zaffiro inciso con scritte arabe. |
Per magia naturale si intende in genere
quella delle pietre preziose che, nota sin dall’Antichità, ebbe il suo culmine
nelle corti principesche del Tardo Medioevo: essa si basa sul concetto che ogni
gemma ha delle proprietà intrinseche che possono essere sfruttate (per fare
qualche esempio, alcune proteggono dai veleni, altre donano la preveggenza,
altre vengono usate contro determinate malattie, altre ancora aiutano nei furti).
Questo accade perché la pietra ha un rapporto speciale col mondo naturale (e a
volte con l’oltretomba), cosa che le conferisce doti particolari: il suo
stretto contatto con la terra la rende strumento privilegiato di comunicazione
con le potenze ultraterrene, fungendo così da intermediaria magica, richiamando
forze spirituali o trasferendo altrove i mali (è per questo stesso concetto
che, nel mondo classico, si facevano sacrifici e libagioni sugli altari
consacrati a uno specifico dio). Non solo: Marsilio Ficino (1433-1499) sviluppò
ulteriormente questa pratica, riprendendo i concetti della magia antica, e
scrisse che collegando elementi che corrispondevano fra loro (piante, animali,
suoni, simboli planetari e ovviamente gemme) posti sui talismani o in contesti
naturali si poteva influenzare l’ambiente circostante e lo spirito umano,
attingendo alle correnti energetiche che uniscono tutte le cose (una pratica, a conti fatti, molto simile alla teurgia tardoantica).
Questi poteri erano visti in genere come
naturali, sebbene alcuni autori affacciassero l’ipotesi che fossero di
derivazione demoniaca; va comunque notato che spesso e volentieri si
confezionavano gioielli incidendo sulle gemme immagini sacre (come anche nel
mondo antico) o brani del Vangelo, o si
mettevano le gemme a contatto con le reliquie dei santi, per accrescerne il
potere. A metà fra gioco e credenza reale, questa pratica non era esclusiva
dell’aristocrazia delle corti, ma anche della borghesia e del clero; esistevano
inoltre specifici libri che trattavano dei poteri delle gemme, chiamati lapidarii, i più celebri dei quali sono
quelli di Marbodo di Rennes (1035-1123) e di Ildegarda di Bingen (1098-1179).
LA
STREGONERIA
Il volo delle streghe e l'adorazione del Diavolo al sabba. |
A differenza della negromanzia, spesso
ad appannaggio delle classi colte, la stregoneria propriamente detta (quella
dell’immaginario del sabba) era più legata alle classi inferiori, e aveva un
carattere estremamente più sciamanico e, per così dire, istintivo. A partire
dalla seconda metà del XIV secolo (1384) fino al XVIII (1799) tutta l’Europa
(in Italia soprattutto le aree settentrionali) furono teatro di molti processi
per stregoneria, in particolare nelle zone collinari e montane: la prima
menzione sono i processi di due donne milanesi, che dicevano di essere andate
al seguito di una tale Madonna Oriente (chiamata poi Signora del Gioco) assieme
ad altri uomini, animali e spiriti di defunti, e di aver da lei imparato le
arti della divinazione e delle erbe.
La stregoneria, stando alle
testimonianze forniteci dai processi, funzionava più o meno secondo
caratteristiche semplici e comuni a tutte le zone interessate: molto spesso una strega più
anziana avvicinava quella che le sembrava adatta al noviziato, e le presentava
un bel giovane straniero, che le prometteva grandi poteri se avesse deciso di
divenire suo amante; la creatura in questione veniva identificata dagli
inquisitori con un demone, ed è giusto dire che ogni congrega aveva più demoni
che assistevano le streghe. Il comportamento di queste entità era lo stesso che
in genere viene attribuito agli spiriti totemici nelle tradizioni sciamaniche: parlando
del suo demone, una strega camuna disse che a volte lo vedeva nella carne,
altre che le “sussurrava nel cuore”, rivelandole cose presenti e future. A
differenza dei demoni evocati tramite i libri di negromanzia, poi, quelli della
stregoneria avevano nomi umani (Martino, Angelino, Giuliano,…), e sempre in
forma umana apparivano, e mai animale (se non, in specifici casi, per condurre
le streghe al sabba sul loro dorso).
Le pratiche stregonesche era semplici:
in determinate notti (in genere di giovedì) le streghe si ritrovavano in un
luogo prestabilito e isolato, e si davano a eccessi di ogni tipo assieme ai
loro demoni; gli atti di profanazione dell’eucarestia, il cannibalismo rituale
e la presenza stessa del Diavolo dovrebbero essere aggiunte posteriori, dovute
forse all’agire dell’Inquisizione, forse alla modifica dell’immaginario delle
streghe stesse. Le streghe si recavano ai cosiddetti “sabba” (chiamato dalle
processate “buon gioco”, “barilotto”, “sinagoga” e in molti altri modi a seconda della zona) a volte nella
carne, altre nello spirito: il Malleus
Maleficarum attesta che una strega, quando voleva volare al raduno, si
stendeva sul letto e vi andava in spirito, dopo essersi cosparsa parti del corpo
con uno strano unguento e volando fuori dalla cappa del camino, a volte
cavalcando scope o animali, o trasformandosi in animale essa stessa (si
trattava, con ogni probabilità, di una tecnica estatica simile a quella degli
sciamani). Non sappiamo ovviamente i dettagli dei riti che si svolgevano in
segreto, se non che prevedessero un banchetto e che avessero forse una
componente sessuale; la maggior parte dei partecipanti erano donne, per quanto
siano attestati anche stregoni uomini.
Le somiglianze rituali con lo
sciamanesimo (e col seidhr in
particolare) sono molto forti, e allo stesso modo lo sono gli effetti della
magia delle streghe: per la maggior parte, le testimonianze parlano del loro
agire tramite il tocco, col quale potevano far ammalare o uccidere, senza
bisogno di pronunciare incantesimi; allo stesso modo potevano entrare nelle
case passando da aperture minuscole, probabilmente anche rendendosi invisibili;
era loro facoltà anche scatenare tempeste per devastare i raccolti: da qui
nasce forse la leggende dei tempestari.
Dalle descrizioni dei rituali e dalla teologia esplicata dalle streghe
stesse, quello che viene chiamato Buon Gioco sembra essere una religione più
che una mera pratica magica: se la negromanzia era volta a ottenere qualcosa, e
il seidhr germanico era una tecnica a
sé stante, la stregoneria si fondava su figure precise, aveva delle cerimonie
fisse, richiedeva un’iniziazione che permetteva l’accesso a un gruppo coeso e
che forniva un contatto costante col soprannaturale, non solo durante la
pratica magica vera e propria. Va infatti notato che, in tutti questi processi,
gli inquisiti rivelavano spesso che nel loro gruppo vi erano persone dei paesi
limitrofi, segno che una congrega di streghe poteva essere geograficamente
anche piuttosto estesa (al contrario dei negromanti, la cui pratica era per lo
più solitaria). È probabile che la stregoneria altro non fosse che la forma più
antica e di matrice pagana (poi demonizzata) della segnatura, che vedremo più
oltre, e in effetti diverse pratiche delle streghe si ritrovano ancora oggi in questa forma di magia.
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