LE
ORIGINI ITALIANE
I Tarocchi dei Visconti (ante 1447). |
Nonostante gli occultisti tendano ad
ascrivere la creazione dei tarocchi ai popoli antichi (in particolare agli
Egizi), non abbiamo testimonianze, in Europa, di carte da gioco prima
dell’epoca tardomedievale; le prime attestazioni sono alcuni frammenti di carte
arabe (denari, bastoni, spade e un quarto seme sconosciuto), usate per il gioco
d’azzardo. Furono comunque proprio gli Arabi a inventare questo tipo di oggetto,
presto imitati dagli Europei (in particolare Spagnoli e Italiani) nel XIV
secolo; si diffusero poi almeno tre tipi di mazzi, quello coi semi italiani
(denari, coppe, spade e bastoni), quello coi semi tedeschi (foglie, ghiande,
campanelli e cuori) e quello coi semi francesi (quadri, cuori, picche e fiori),
che diventò poi il più diffuso. Un quarto modello, differente dal cosiddetto ludus cartharum, era il mazzo dei
trionfi (ludus triomphorum), composto
dalle canoniche 56 carte a semi italiani affiancate da 22 figure di valore
allegorico, dette appunto trionfi e in seguito tarocchi. I primi manuali di
gioco, invece, videro la luce tra XVI e XVII secolo, ma non abbiamo delle vere
testimonianze sull’utilizzo di queste carte a scopo divinatorio: l’unica di un
certo interesse è quella del mantovano Teofilo Folengo (1491-1544), che nel Chaos del Triperuno menziona
l’estrazione delle carte per prevedere il futuro delle persone.
La creazione dei tarocchi ha parimenti
una collocazione e una datazione precisa: il primo mazzo fu realizzato a
Milano, tra il 1442 e il 1447, probabilmente su commissione del duca Filippo
Maria Visconti; si trattava di un gruppo di più di 60 carte dipinte a mano e
ricoperte da una lamina d’oro finemente lavorata a bulino. Esse traevano ispirazione
da un precedente mazzo commemorativo, nel quale erano stati rappresentati gli
dèi greci, e si trattava forse del tentativo di creare un nuovo gioco: il
primitivo mazzo visconteo, infatti, presenta alcune importanti anomalie
rispetto agli altri mazzi dell’epoca, primo fra tutti la sostituzione dei
bastoni con le lance, e in secondo luogo i sei onori (le figure di corte dei
semi), ovvero re, regina, cavaliere, cavallerizza, fante e fantesca. Dei tre
mazzi pervenutici, il più antico presenta anche alcuni trionfi che vennero poi
abbandonati (la Fede, la Speranza, la Carità e forse la Prudenza), e in nessuno
si sono conservati il Diavolo e la Torre.
Secondo alcuni studiosi il più antico
mazzo di tarocchi (non pervenutoci, e sempre di ispirazione milanese) fu invece
realizzato intorno al 1420 a Ferrara; come che sia, è certo che dall’ascesa del
duca Borso D’Este, nel 1450, vennero creati nuovi mazzi molto pregiati: i più
celebri sono quelli conosciuti oggi come tarocchi di Carlo VI (nel quale
compare per la prima volta la numerazione), di Ercole I D’Este, di Castel
Ursino, di Varsavia e di Rothschild; lo stesso termine “tarocchi” dovrebbe
derivare dal ferrarese tarocar,
arrabbiarsi (in riferimento al gioco d’azzardo). Altro pregevole esempio di
mazzo rinascimentale è quello degli Antichi Condottieri (meglio noto come Sola Busca),
realizzato tra il 1491 e il 1523, creato a scopo educativo con figure tratte
dalla mitologia classica e biblica, e con alcune simbologie alchemiche. Il
gioco dei trionfi fu, in definitiva, il prodotto di una cultura aristocratica
tipica delle corti padane: esso nacque dalla mescolanza delle 56 carte comuni
con un insieme di figure educative, vale a dire allegorie a sfondo etico e
morale, raccolte da opere enciclopediche, letterarie e religiose risalenti al
secolo precedente.
LO
SVILUPPO FRANCESE
I Tarocchi del Libro di Thoth di Etteilla (1865). |
Mentre anche nel resto d’Italia
iniziavano a svilupparsi nuovi mazzi (come il tarocco piemontese, il tarocchino
bolognese, le minchiate fiorentine e via dicendo), a partire dal 1494, in
seguito all’invasione francese del Ducato di Milano, i tarocchi iniziarono a
diffondersi anche in Europa: in particolare molti artisti francesi si
ispirarono alle carte milanesi per elaborare il mazzo più classico, quello
definito “marsigliese”. La sua creazione (con le sue innovazioni rispetto a
quello italiano), datata attorno al 1650 a Parigi, si deve a Jean Noblet; il
nome dipende invece dal fatto che, nel 1930, venne fatta la ristampa di una
vecchia edizione di Marsiglia del 1760, col quale poi divennero famosi.
Contemporaneamente vennero creati anche mazzi svizzeri, tedeschi e austriaci,
che però non riscossero il medesimo successo di quelli italiani e francesi.
L’inventore della cartomanzia vera e
propria, nel senso moderno del termine, fu Etteilla (1724-1792, nato
Jean-Baptiste Alliette), che grazie ai suoi manuali ne divulgò la pratica in
tutta la Francia, nella seconda metà del XVIII secolo; negli ultimi anni essa
cominciò a diffondersi in tutta Europa, e col tempo assunse regole e sistemi ben
definiti, per quanto essa si riferisse più che altro ai comuni mazzi di carte,
e non ai tarocchi. La divinazione applicata a questi ultimi si deve invece al
massone Antoine Court de Gebelin (1725-1784) che, in una sua pubblicazione (e
con lo scopo sia di nobilitare la nuova arte, sia di fare scalpore), asserì che
i tarocchi derivavano da un tipo di divinazione egizia, e che si tratterebbe in
realtà delle pagine del mitico Libro di
Thoth, un’opera contenente tutti i segreti del mondo; nella pratica, però,
egli non fece altro che copiare i significati dati da Etteilla ai vari trionfi.
Questi, per tutta risposta, creò un nuovo mazzo, chiamandolo proprio Libro di Thoth, con un nuovo ordine delle
carte e assegnandogli sempre un’origine egizia; fondò poi, nel 1788, la Società
Letteraria per l’Interpretazione del Libro
di Thoth, che si sviluppò velocemente e contribuì a diffondere la
cartomanzia presso tutti i ceti sociali. Nel corso degli anni il mazzo venne
modificato dai suoi discepoli: in alcune versioni i semi italiani vennero
sostituiti da quelli francesi (il Nuovo Etteilla), in altre il numero di carte
venne ridotto a 42 (il Piccolo Oracolo delle Dame) o a 36.
Un ulteriore impulso alla diffusione
della cartomanzia venne poi dato da Marie Adélaide Lenormand (1768-1843), una
ciarlatana molto vicina all’imperatrice Josephine, che venne definita “la
Sibilla dei Salotti” o “la Sibilla di Alençon”; la sua fama venne infatti
sfruttata dalle sue discepole, che scrissero molti manuali di divinazione, e
dai fabbricanti di carte: già nel 1828, a Parigi, vide la luce un mazzo
chiamato appunto Sibilla dei Salotti, ispirato alle 52 “carte da conversazione”
(un mazzo inglese settecentesco composto da figure simboliche), ma anche il
Libro del Destino (con 32 carte) e il Piccolo Lenormand (da 36, e nel quale le
figure vengono sostituite da un simbolo che le rappresenta). Il più celebre
resta comunque il Grande Gioco di Società di Mademoiselle Lenormand del 1860,
che mostra per la prima volta una simbologia di tipo magico-alchemico: ogni
carta è infatti divisa in sette vignette, dove le tre superiori contengono una
carta da gioco francese, una costellazione e un simbolo geomantico o una
lettera dell’alfabeto, quella centrale mostra una scena mitologica o
un’operazione alchemica, e le tre inferiori scene di vita quotidiana ai lati e
fiori al centro.
L’OPERA
DEGLI OCCULTISTI
I Tarocchi di Crowley (1942). |
Come accennato, Eliphas Lévi fu un
grande appassionato di tarocchi, e ne scrisse un nuovo “mito delle origini”:
essi sarebbero ebraici, poiché dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme
qualche cabalista avrebbe tracciato sull’avorio i misteri dell’ephod e dei teraphim (le immagini di Yahweh), giunti fino all’epoca attuale in
forma di carte. Fu sempre lui ad ascrivere a ognuna delle 22 “chiavi maggiori”
una lettera dell’alfabeto ebraico, secondo il suo significato cabalistico, e il
primo a indicare, seppur a grandi linee, un metodo divinatorio originale;
questo fu spiegato più tardi, e meglio, da Wirth, ed è oggi conosciuto come
“metodo della croce” o “delle cinque carte”. Altra figura di spicco in
quest’ambito fu quella di Jean-Baptiste Pitois (1811-1877), che legò i tarocchi
anche a significati astrologici (ribattezzandoli “lame ermetiche”) e, nel suo
libro Storia della Magia e del Mondo
Soprannaturale (firmata con lo pseudonimo di Paul Christian), descrisse una
fantasiosa iniziazione nei sotterranei della piramide di Menfi, dove veniva
esplicata tutta la simbologia dei tarocchi, dipinti sulle pareti della cripta;
fu lui a definire per la prima volta i trionfi come “arcani”, termine che poi
entrò nell’uso comune. Come che sia, a scatenare la fantasia degli occultisti
nel periodo successivo fu un’affermazione fatta dallo stesso Lévi, per la quale
“resta un’importante opera da compiersi:
si è da fare stampare e pubblicare un tarocco rigorosamente completo e
perfettamente eseguito”.
Gli ambienti rosacrociani presero in
parola il mago: fu il massone svizzero Oswald Wirth (1860-1943) a creare il
primo mazzo “occultista” dopo quello ideato da Etteilla, pubblicandolo a Parigi
nel 1889; quest’opera gode ancora oggi di un successo straordinario per
l’accurata descrizione del rapporto degli arcani maggiori con la mitologia
egizia e greca, e con le più diverse branche dell’esoterismo (astrologia,
cabala e alchimia). Parimenti, anche il francese Papus (1865-1916, nato Gérard
Encausse), sempre legato al rosacrocianesimo, unì gli arcani maggiori descritti
da Pitois con i minori di Etteilla, e riprese anche i metodi divinatori
settecenteschi. Infine, dopo lo scioglimento della Golden Dawn (entro la quale
accadeva che ogni adepto realizzasse un proprio mazzo), l’americano Arthur
Edward Waite (1857-1942) progettò il primo mazzo completamente illustrato con
scene allegoriche anziché con figure simboliche; realizzato in stile art nouveau tra il 1909 e il 1910 da
Pamela Colman Smith e pubblicato dalla Rider & Co. (da cui il nome di
Tarocchi Rider-Waite), è assieme ai marsigliesi uno dei più usati al mondo,
soprattutto in America.
Totalmente diverso, sia per stile che
per contenuto, risulta invece essere il mazzo di Crowley, il cosiddetto
“Tarocco del Libro di Thoth”,
realizzato tra il 1938 e il 1942 da Frieda Harris, in stile surrealista;
quest’opera è un vero e proprio inno al paganesimo di ogni epoca e luogo o,
come ebbe a dire l’autore stesso, “una
rappresentazione pittorica delle forze naturali così com’erano concepite dagli
antichi secondo il simbolismo convenzionale”. Il mazzo in questione, ancora
oggi molto in voga tra gli occultisti, fu il primo di tutta una serie di nuovi
mazzi che avevano la tendenza a slegarsi sempre di più dalla tradizione
esoterica moderna, per approdare a simbologie diverse, ispirandosi a civiltà
antiche, alla natura, agli animali e alla letteratura fantasy (ovviamente con
significati diversi a seconda delle rappresentazioni). In seguito alla
diffusione del movimento New Age, delle teorie psicanalitiche e delle tecniche
di meditazione orientali, è stato alimentato un uso dei tarocchi come
simbologia per la realizzazione di sé stessi più che alla mera predizione del
futuro.
GLI
ARCANI MINORI E MAGGIORI
Il Bagatto (Visconti - Sola Busca - Marsigliesi - Etteilla - Wirth - Waite - Crowley). |
Già in alcuni grimori tardomedievali
troviamo rappresentazione dei semi delle carte come strumenti rituali, per
quanto non si abbia idea in che modo le due cose siano connesse; sicuramente trovarono
una certa unione in epoca posteriore, quando i principali oggetti della magia
cerimoniale andarono a coincidere con gli arcani minori. I bastoni sono legati
al fuoco e alla classe sociale del popolo minuto, e rappresentano la creatività
e la volontà; i denari sarebbero la terra e i mercanti, nonché il corpo fisico
e i possedimenti materiali; le coppe l’acqua e il clero, nonché i sentimenti; e
infine le spade l’aria e la nobiltà, nonché la ragione. Esistono in effetti alcuni
mazzi (soprattutto italiani ispirati alle Sibille francesi) composti dai soli arcani
minori, per quanto sia pensiero comune che la divinazione coi minori sia più
difficile di quella coi maggiori, e che quella con entrambi sia la più ardua in
assoluto.
L’ordine e il nome degli arcani maggiori
varia invece a seconda della tradizione; in generale la numerazione canonica
tende a essere quella marsigliese, ma già Etteilla ne aveva composta una sua,
cambiando anche i nomi e le raffigurazioni (ad esempio Gli Uccelli e i Pesci al
posto dell’Imperatore, che non era più al numero IV ma al VII). Essi sono
dunque, nell’ordine, il Bagatto (o il Mago), la Papessa, l’Imperatrice,
l’Imperatore, il Papa, l’Innamorato (o gli Amanti), il Carro, la Giustizia,
l’Eremita (o il Tempo), la Ruota della Fortuna, la Forza, l’Appeso (o
l’Impiccato), la Morte (anche detta l’Arcano Senza Nome), la Temperanza, il
Diavolo, la Torre (o il Fulmine), le Stelle, la Luna, il Sole, il Giudizio (o
l’Angelo), il Mondo e il Matto (che è senza numero, e dunque conta sia come
arcano 0 che come arcano 22). È da notare che, nei tarocchi Rider-Waite, le
posizioni della Giustizia e della Forza sono invertite. Ognuno di essi ha, a
differenza degli arcani minori, un significato più variabile e complesso, a
seconda della situazione e degli arcani assieme ai quali viene estratto.