La cappella dei Re Magi in Sant'Eustorgio a Milano. |
Narra la leggenda che nel IV secolo,
alla morte del vescovo Protaso, il governatore greco Eustorgio venne eletto dal
popolo come suo successore, poiché stimato come uomo colto, nobile e pio;
recatosi nella capitale d’Oriente per convalidare la nomina, ricevette in dono
da Costantino II (o da Costanzo II) i corpi dei re magi, che sua nonna,
sant’Elena, aveva recuperato in Terrasanta e posto in Santa Sofia. Una versione
alternativa, riportata da Giovanni di Hildesheim nel 1364, afferma invece che
le reliquie vennero recuperate dalle truppe milanesi durante le guerre di
Maurizio in Oriente (582-591), e che Eustorgio si fece carico di richiederle al
suo successore Manuele I (1143-1180) dopo essere stato eletto vescovo. Come che
sia, il grande sarcofago venne caricato su una nave, sbarcato sulle coste
tirreniche e da lì proseguì il tragitto su un carro trainato da buoi. Durante
il viaggio il carro venne assalito dai lupi, che uccisero la bestia di sinistra:
il santo allora ammansì una delle belve e la aggiogò al mezzo; va ricordato
che, assieme ai corpi dei magi, egli avrebbe trasportato anche quello di san
Giacomo, che venne poi lasciato a Zibido. Arrivato infine in vista della
capitale d’Occidente, il carro si fermò (secondo alcune versioni in maniera
miracolosa, secondo altre perché impantanato, secondo altre ancora per la morte
degli animali): il vescovo prese il fatto come un segno, e fece edificare una
chiesa laddove il sarcofago si era fermato, facendosi poi seppellire nella
stessa alla sua morte. Tradizione vuole che il luogo sia lo stesso dove san
Barnaba abbia battezzato i primi cristiani milanesi usando l’acqua di una fonte
miracolosa (restaurata da Federico Borromeo nel 1628): per tale ragione ancora
oggi è consuetudine che gli arcivescovi, alla loro consacrazione, entrino in
città dalla Porta Ticinese, dopo aver pregato in Sant’Eustorgio. Il viaggio
delle reliquie è rievocato su un vecchio capitello nella navata destra della
chiesa.
Questa leggenda è probabilmente nata
dopo il furto delle reliquie in questione, nel XII secolo: secondo la
testimonianza di Guglielmo di Newburgh (post 1198), quando l’imperatore
Federico I iniziò il suo assedio, nel 1158, i Milanesi rasero al suolo essi
stessi un sobborgo della città e trovarono nel sotterraneo di “un antico e nobile monastero” alcune
reliquie di santi che furono trasferite all’interno della città e, in
particolare, tre corpi ottimamente conservati. Scrive infatti: “Posto un tempo nella parte più segreta
della chiesa, il tesoro era sconosciuto agli stessi monaci e ai preti che vi
officiavano […] ma non si sa da chi
furono deposte le reliquie là dove si trovavano.”; i corpi erano stati conservati
con un balsamo “del quale si pensa
fossero stati impregnati dopo la morte (secondo la consuetudine della nazioni
pagane). Quando vennero ritrovati, i corpi, a quanto si dice, erano circondati
da un cerchio d’oro che li legava insieme.” (l’idea che si trattasse dei
magi sarebbe venuta da qui). Nel XIII secolo Galvano Fiamma ci informa inoltre
che, in quel frangente, i Milanesi nascosero i corpi in un vano alla base del
campanile dell’intramuraria chiesa di San Giorgio al Palazzo (una tavola di marmo
sostenuta da quattro colonnette, senza alcuna titolazione), dando alle spoglie
i nomi fittizzi dei martiri Dionigi, Rustico ed Eleuterio (secondo Goffredo da
Bussero, che scriveva sul finire dello stesso secolo, questi erano invece
proprio i nomi che il popolo davano ai tre magi, in quanto Eustorgio “fecit basilicam ad honorem ss. Regum, vice
quorum nominum in Letaniis interpellantur ss. Dionixius, Rusticus, Eleuterius,
pro quibus Gaspar, Baldezar, et Melchior”); in questo frangente, riporta
poi Robert de Thorigny (ante 1186) “i
loro corpi, all’esterno, parevano intatti anche per quanto riguardava la pelle
e i capelli. Secondo quanto mi ha riferito qualcuno che affermava di averli
visti, il primo di loro, per quanto si poteva dedurre dal suo aspetto complessivo
e dai capelli, sembrava avere una quindicina d’anni, il secondo una trentina e
il terzo una sessantina.” Come che sia, Newburgh continua dicendo che, dopo
la resa di Milano nel 1162, “l’imperatore
vittorioso distrusse la città e non massacrò i cittadini, dato che si erano arresi,
ma li disperse e trasferì nell’Impero Germanico le famose reliquie dei magi,
tenute nascoste fino a quel momento (i Lombardi ebbero delle difficoltà ad
accettare ciò) e designò la città di Colonia come custode del tesoro.” A
scovare i resti in questione fu il cancelliere imperiale Rainaldo di Dassel,
appunto arcivescovo di Colonia, che li fece deporre nella sua cattedrale il 23
luglio 1164. Da allora in molti si prodigarono per riavere quelle spoglie:
Ludovico il Moro, Alessandro VI, Carlo Borromeo e Alfonso Litta, e tuttavia fu
solo nel 1903 che il cardinale Andrea Ferrari riuscì a riavere dal suo collega
tedesco due fibule, una tibia e una vertebra. Una leggenda (probabilmente
moderna) vorrebbe comunque che i Milanesi siano riusciti a sostituire le salme
dei santi con dei falsi, e che dunque quelle originali siano nascostamente
sepolte da qualche parte.
Pare significativo che le prime leggende
riguardanti i magi in città compaiano in un anonimo scritto del XV secolo, citato
da Bonino Mombrizio. In un discorso prettamente storico, al di là
dell’incongruenze delle date tra la storia milanese e quella bizantina, si
obietta soprattutto che non abbiamo nozione del culto dei magi a
Costantinopoli, e che sul finire del IV secolo Ambrogio non ha mai citato le
loro reliquie nei suoi scritti. Gli studiosi hanno allora optato per
identificare il protagonista della leggenda con san Senatore (472-475), con
Eustorgio II (512-518), con il leggendario sant’Arsacio (discepolo di Ambrogio
o fratello di Eustorgio I), o ancora proponendo che le salme fossero state
portate in città dopo la Prima Crociata (1096-1099). Come fece poi notare
Giuseppe Allegranza, il ritrovamento delle reliquie potrebbe essere datato ante quem grazie alla moneta di Zenone a
loro connessa (che vedremo a breve), indicando così che le salme risalirebbero
a un periodo compreso tra il 474 e il 491 (nulla però ci conferma che essa sia
stata ritrovata nel sarcofago, peraltro di chiara origine romana e proveniente,
con ogni probabilità, dalla necropoli sulla quale la chiesa venne fondata).
Nella Cappella dei Magi si può ancora
oggi ammirare questo enorme sarcofago di pietra ad acroteri, sul cui coperchio
venne incisa, nel XVIII secolo, la scritta “Sepulcrum
Trium Magorum” (trasformato in “Trì
Lumagòn” nella dicitura popolare), assieme a una stella cometa a otto
punte; un’altra stella di questo genere svetta poi sulla cima del campanile (il
più alto di Milano, dopo quello di San Carlo al Corso, e sul quale, nel 1306,
venne posto il primo orologio cittadino). Attualmente le reliquie restituite
sono conservate entro un piccolo scrigno posto in una nicchia sopra l’altare,
protetto da uno sportello in rame sbalzato e decorato con simboli liturgici,
opera di Nicola Sebastio; al di sotto di esso vi è una lunga ancona di marmo
rappresentante la storia dei magi (visita a Erode, adorazione del Bambino e
avviso dell’angelo, con la scritta latina “Tabula
Scole Beatorum Trium Regum Magorum facta in onorem Domini Nostri Yesu XPI et
pie Virginis Marie et ipsorum regum MCCCXLVII.”), dedicata da Lodrisio
Visconti appunto nel 1347, il quale già fece restaurare la cappella nel 1308.
Ulteriori restauri avvennero nel 1401, per volere di Gian Galeazzo (il nuovo
altare venne consacrato il 6 marzo dal domenicano Ambrogio da Abbiate), e nel
1405, a opera di Giovanni Maria. Abbiamo comunque anche testimonianza di
istituzioni legate al culto dei magi: la prima è la già citata scuola di
confratelli, mentre l’altra è l’Ordine dei Santi Re Magi, di cui possiamo
ancora ammirare una lastra tombale esposta nella cappella, recante l’immagine
della stella a otto punte.
La devozione popolare nei confronti dei
magi è sempre stata forte a Milano: già anticamente le loro ossa erano considerate
miracolose contro l’epilessia e i sortilegi, e il rito ambrosiano prevede l’uso
del rosso durante l’Epifania, in ricordo del loro martirio. Si sa poi che sotto
Azzone Visconti, il 6 gennaio 1336, si ebbe la prima festa in loro onore, che
si ripeté da allora ogni anno: sempre dal Fiamma sappiamo che tre sacerdoti
erano soliti portare in processione i sacri resti da Sant’Eustorgio al Duomo, e
viceversa; il popolino celebrava l’evento con una rappresentazione in costume
che dalla cattedrale muoveva verso la basilica extramuraria: precedeva il
corteo un vessillifero con un complicato aggeggio rappresentante la stella,
seguito da un vecchio, un giovane e un uomo col viso dipinto di nero, a cavallo
e vestiti da re magi, e poi da facchini in abiti romani, cavalieri e svariati
animali esotici (in particolare scimmie). Alle Colonne di San Lorenzo, seduto
nell’intercolumnio, stava re Erode coi suoi scudieri, pronto a fermare il
corteo, e sul posto si svolgeva spesso una zuffa (non sempre fittizia); la
processione si concludeva davanti al presepio nella Cappella dei Magi in
Sant’Eustorgio, dove il sacrestano faceva gli onori di casa, mascherato da san
Giuseppe (la tradizione del corteo venne abolita da Carlo Borromeo, per poi
essere ripresa a partire dal 1962). Sempre durante l’Epifania veniva esposta
sull’altare della cappella, in assenza delle reliquie, il cosiddetto “Ducato
dei Tre Magi”, una medaglia forgiata con l’oro portato in dono al Bambino (in
realtà una moneta raffigurante l’imperatore Zenone, fatta poi rifondere nel
XVIII secolo per volere dell’Allegranza con le immagini dei magi e il
monogramma cristico, e purtroppo oggi perduta); parte dell’incenso sarebbe
invece conservato nella chiesa di San Giovanni Battista a Busto Arsizio.
E, per l’appunto, non è solo la chiesa
di Sant’Eustorgio a possedere parte delle reliquie: oltre alla già citata
basilica bustocca, quella milanese di San Marco avrebbe infatti alcuni
frammenti di ossa, donate dai Gesuiti di Brera nel XIX secolo; possederebbe
altri frammenti la chiesa di Viggiù (dice infatti Francesco Bombognini che, “caduta la chiesa di s. Elia, che fu poi ristorata ed abbellita dal
parroco Sormani, si trovarono sotto le rovine dell’altare insigni reliquie de’
ss. Re Magi, fatte poi
rinchiudere dal cardinal Federico Borromeo in un reliquiere d’argento”), e anche quella
di Brugherio. In quest’ultimo caso, si tratterebbe di tre pezzi di mignolo, in
precedenza conservati nella pietra santa dell’altare del monastero benedettino
di Carugate, che vennero poi spostati all’inizio del XVII secolo (la leggenda
vuole che siano stati donati da sant’Ambrogio alla sorella santa Marcellina,
che risiedeva appunto a Brugherio, poi trasferite a Carugate da Carlo
Borromeo). Infine, occorre citare la chiesa dei Santi Re Magi a Crescenzago:
già attestata nel XII secolo, essa non conserva reliquie di sorta, e fu
dedicata ai magi solo a cavallo tra XVII e XVIII secolo a opera delle
domenicane di Santa Maria della Vettabbia (in precedenza lo fu alla Madonna e
in seguito alla Natività di Maria); sconsacrata alla fine del Settecento, tornò
in attività nel 1967.
Altri luoghi conservano parte delle
reliquie, che ottennero durante il trasferimento delle stesse da Milano a
Colonia: Torino in Italia, Valence, Vienne, Salins, Besançon, Brisach e Strasburgo in
Francia, e Magonza in Germania. Sul Monte Athos, in Grecia, sono
invece conservati i doni dei magi: ventotto piccole foglie d’oro, e una
settantina di sfere d’incenso e mirra grandi quanto un’oliva (si dice che
queste reliquie siano in grado di curare dalle possessioni).
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