giovedì 17 novembre 2016

Storia della Magia 07 - La magia nell'Ottocento



LO SPIRITISMO

Le sorelle Fox: Margaret, Kate e Leah.

A metà strada tra religione, scienza e magia, lo spiritismo (in inglese spiritualism) si basa su due credenze principali: la prima è che l’anima sopravvive alla morte, e la seconda è che i vivi possono comunicare coi defunti. Questa corrente trae origine, più che dalle credenze antiche, da due autori principali: il primo, il visionario svedese Emanuel Swedenborg (1688-1772), scrisse alcuni testi dopo aver ricevuto una serie di rivelazioni divine, e in alcuni di essi affermò che esistono solo due piani di esistenza, cioè il mondo spirituale (reale) e quello materiale (illusorio); sosteneva che, dopo la morte, le anime permanevano ancora per lungo tempo sulla terra, e anche quando accedevano al Paradiso o all’Inferno continuavano le attività fisiche (lavorare, giocare, sposarsi, combattere, commettere crimini, sostenere governi). Parimenti, anche gli scritti di Franz Mesmer (1733-1815) influenzarono molto lo spiritismo: alla base della sua teoria vi era l’ipotesi che un fluido magnetico (detto a volte “sesto senso”) circondasse e collegasse ogni persona, la terra e le stelle, il cui squilibrio provoca le malattie; il mesmerismo prevedeva l’utilizzo dell’ipnosi per effettuare le guarigioni e, dato che diversi pazienti sostennero di aver comunicato coi defunti durante il trattamento, gli spiritisti adottarono il metodo per indurre la trance. Sebbene le dottrine di Swedenborg e Mesmer fossero (a detta dei loro stessi creatori) inconciliabili, vennero unite per ottenere da un lato la cosmologia e dall’altra il metodo parascientifico dello spiritismo: di fatto questa nuova dottrina non insegnava a credere nell’aldilà, ma ne dimostrava l’esistenza.
I medium, gli estatici dello spiritismo, agiscono da intermediari coi defunti affinché essi possano comunicare coi vivi in circostanze controllate; essi nascono con il dono, sebbene a volte lo ricevano a seguito di un evento traumatico. I medium operano in genere in una stanza poco illuminata, aiutati da un gruppo di persone che si tengono per mano, e incanalano in trance l’anima che si manifesta per parlare tramite la sua voce. A volte le manifestazioni spiritiche sono anche fisiche: telecinesi (lo spostamento degli oggetti, e a volte persino del medium stesso, tramite levitazione), effetti termodinamici (suono di strumenti musicali) e materializzazioni spiritiche (attraverso la manifestazione fisica di un fantasma, o la fotografia degli spiriti, più raramente l’apparizione di oggetti come fiori, libri e gioielli). Quando un defunto si manifesta, lo fa attraverso una sostanza gelatinosa o simile al vapore (il cosiddetto ectoplasma, cioè “sostanza esteriorizzata”), che fuoriesce dagli orifizi del medium e prende forma umana o di parti del corpo umano (un fenomeno osservato già prima della nascita dello spiritismo). Parimenti, le manifestazioni per così dire “mentali”, ovvero le parole dei defunti (manifestate durante trance con la chiaroveggenza, la chiaroaudienza, la telepatia, e la scrittura e la parola automatiche, dette channeling), fornirebbero la prova dell’esistenza della vita oltre la morte: secondo gli spiritisti, infatti, quando una persona muore la sua anima resta nel “piano terrestre”, per poi innalzarsi a stadi superiori sempre più spirituali tramite i progressi di conoscenza e di insegnamenti morali; va da sé che, a causa di questa concezione, molti seguaci di questa corrente si staccarono da una visione dell’aldilà di stampo cristiano.
Lo spiritismo venne fondato nel 1848 da Kate (1836-1892) e Margaret Fox (1834-1893) quando, nella loro casa ad Heydesville, nello Stato di New York, dopo che la loro famiglia aveva continuato sin dall’anno prima ad assistere a manifestazioni spiritiche (nella forma di colpi), cercarono di entrare in contatto con il defunto in questione tramite una seduta, facendosi poi promotrici della tecnica medianica, ed esportando lo spiritismo anche in Europa. Il padre e codificatore dello spiritismo fu però il pedagogista francese Allan Karedec (1804-1869, nato Hyppolite Rivail), e tra i più celebri medium vanno ricordati lo scozzese Daniel Home (1833-1886) e l’italiana Eusapia Palladino (1854-1918); tra i seguaci della dottrina merita una menzione lo scrittore Arthur Conan Doyle (1859-1930), e fra coloro che lo avversarono va ricordato il prestigiatore Harry Houdini (1874-1926). Lo spiritismo ebbe il suo culmine alla fine del XIX secolo, e un importante revival dopo la Prima Guerra Mondiale, per poi essere per lo più abbandonato.
Una menzione particolare merita la famosa tavola ouija, (dall’unione della parola “sì” in francese e tedesco), un indicatore di forma triangolare che viene posto sopra una “tavola parlante” sulla quale è stampato l’alfabeto, i numeri da 0 a 9, e le parole “sì” e “no”. Brevettata da Elyah Bond (1847-1921) nel 1890, prevede che il medium, guidato dall’anima del defunto, faccia passare l’indicatore su lettere e numeri, in modo da creare frasi di senso compiuto.

LA TEOSOFIA

Helena Petrovna Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica.

Sebbene il termine teosofia (dal greco theos, dio, e sofia, sapienza, ovvero “sapienza divina”) sia stato impiegato varie volte nel corso dei secoli (soprattutto negli ambienti neoplatonici dell’Antichità e del Rinascimento), esso divenne famoso a partire dal 1875 con la fondazione della Società Teosofica, a opera di Helena Blavatsky (1831-1891) ed Henry Olcott (1832-1907). Tale organizzazione si basava su tre princìpi fondamentali: formare un nucleo di fratellanza universale senza distinzione di razza, credo e sesso; incoraggiare lo studio comparativo delle religioni, delle filosofie e delle scienze; esplorare le leggi inspiegabili della natura e del potenziale umano. Nel corso dei decenni, soprattutto dopo la morte di Madame Blavastky nel 1891, essa si scisse in varie correnti indipendenti, la più famosa delle quali è la Società Antroposofica di Rudolf Steiner, fondata nel 1912 e ancora in piena attività, sebbene nessuna di esse sia dotata dell’autorità di “interpretare la teosofia” secondo i dettami della fondatrice.
La teosofia non sarebbe altro che la conoscenza del “mondo sconosciuto” (non limitato a quello dello spiritismo e del positivismo razionalista) e la conseguente capacità umana di controllarne le forze al di là della realtà naturale conosciuta; essa non era dunque solo teoria, ma pratica, e ben presto il termine arrivò a diventare sinonimo di magia, occultismo, teurgia e cabala; la Blavatsky arrivò perfino a dire che la teosofia era “la grande religione universale […] trasmessa di padre in figlio fra il popolo che viveva nella culla dell’umanità, l’Oriente”. Essa permetteva dunque all’uomo di controllare la realtà tramite il principio vitale che tutto unisce, e in vista di ciò si ritenne che ogni dottrina magica fosse valida in quanto divinamente ispirata: questo portò all’accostamento e all’unione pratica di forme di magia (e di tradizioni) molto diverse fra loro, unendo così elementi della religione egizia allo yoga indiano, o credenze celtiche alla teurgia greca; un posto rilevante ebbe comunque la cabala, in quanto la Società Teosofica non si distaccò mai completamente dalla credenza per la quale ebraismo e cristianesimo fossero le rivelazioni divine più pure (pur abbracciando dichiaratamente la dottrina della reincarnazione).

LA MAGIA CERIMONIALE

Aleister Crowley col suo altare durante un rito magico.

Sviluppatasi nel corso dei secoli, e venuta a contatto con altre dottrine esoteriche e filosofiche (soprattutto dopo la riscoperta di tradizioni egizie e orientali, ma anche tramite la magia enochiana di epoca elisabettiana), la negromanzia ebbe il suo apice a cavallo tra XIX e XX secolo nella nuova forma di magia cerimoniale. Essa trae il suo nome dai lunghi e complessi rituali (molto più elaborati di quelli medievali), comprendenti tutta una serie di accessori, rappresentanti gli elementi metafisici e la psicologia del mago stesso. Crowley esplica questa simbologia: il cerchio disegnato a terra coi nomi divini, l’altare, la bacchetta (la vera volontà), il calice (la comprensione), la spada (la ragione) e il pentacolo (il sentimento); sull’altare devono esserci anche una fiala d’olio (l’aspirazione, per consacrare gli oggetti al proprio intento), mentre il mago deve essere circondato da una frusta, un pugnale e una catena, destinati a mantenere puro il suo scopo; sono inoltre necessari una lampada a olio, un libro di scongiuri (il cosiddetto grimorio) e una campana, così come una corona (la divinità del mago), una veste rituale (il silenzio) e un lamen (il lavoro magico, nella forma di un sigillo, spesso portato al collo).
La figura più emblematica di mago ottocentesco è certamente quella di Eliphas Lévi (1810-1875, nato Alphonse-Louis Constant): legato per tutta la vita, seppur non senza contrasti, ad ambienti cristiani e socialisti, intrattenne rapporti con gli esponenti delle più diverse branche dell’esoterismo; nel 1853 ricevette un’iniziazione cabalistica, e assunse il nome magico col quale divenne famoso. Nel 1856 scrisse il Dogma e Rituale dell’Alta Magia, seguito poi da altri scritti di argomento esoterico, nei quali palesava la sua passione per i tarocchi e la cabala (considerata la chiave d’interpretazione di ogni mistero), senza però mai distaccarsi da un approccio di stampo cristiano; pur credendo nell’avvento di una nuova era, rinnegò le dottrine di Swedenborg, di cui era stato lettore, e criticò ampiamente Mesmer: non sarebbe la pratica della magnetizzazione a provocare le guarigioni, ma un accidentale influenza che ciò ha sul “grande agente magico”, la luce che crea il “corpo astrale” dell’uomo, fattore che spiega ogni manifestazione soprannaturale e che può essere manipolato grazie alla pratica magica. Lévi divenne in breve la figura archetipica del mago moderno, mistico non superstizioso, un po’ scienziato e un po’ politico.
In quest’epoca di grande fermento intellettuale ed esoterico vennero a svilupparsi diversi ordini magici segreti in tutta Europa, spesso di derivazione massonica o rosicruciana, primo fra tutti l’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata (in inglese Hermetic Order of the Golden Dawn, abbreviato spesso in Golden Dawn). Fondato nel 1888, era diviso in tre gradi iniziatici: il primo si incentrava sullo studio della cabala, dell’astrologia, dei tarocchi, della geomanzia e della magia elementale, il secondo (il Rosae Rubeae et Aureae Crucis) della cristalloscopia, del viaggio astrale e dell’alchimia, e il terzo (i Capi Segreti) era costituito da entità spirituali che dirigevano i gradi sottostanti, rivelate ai fondatori dell’ordine (come il resto della struttura) nel Manoscritto Cipher, risalente forse agli ambienti rosicruciani d’inizio XIX secolo. Altra importante organizzazione fu l’Ordine del Tempio d’Oriente (in latino Ordo Templis Orientis, abbreviato in O.T.O.), fondato nel 1895 dall’austriaco Karl Kellner (1850-1905), esperto di yoga e tantrismo, che sviluppò una serie di rituali di magia sessuale. La magia cerimoniale restò comunque ancorata alle tecniche e alla filosofia del passato, non ultimo lo stampo cristiano della pratica, come nel caso del martinismo fondato da Papus (che vedremo più oltre): le entità con le quali si aveva a che fare durante i rituali non erano considerate del tutto “esterne”, ma almeno in parte “interne” al mago, in quanto figure archetipiche, una sorta di abito che il mago doveva vestire per operare gli incantesimi; in questo modo era possibile il raggiungimento di un equilibrio tra sé e il cosmo senza distaccarsi dalla religiosità tradizionale, almeno fino al rinnovamento operato in seno all’O.T.O. stesso. 
L’inglese Aleister Crowley (1875-1947, nato Edward Alexander Crowley), membro sia della Golden Dawn che dell’O.T.O., fu il primo a distaccare il suo operato di mago dal cristianesimo, soprattutto dopo il suo viaggio in Egitto, quando ricevette una rivelazione da parte di uno spirito di nome Aiwass (il dio Horus), che mise per iscritto nel 1904 col titolo di Liber AL, o Libro della Legge, di cui alcuni passi risultarono oscuri persino a lui stesso, ma che annunciava in generale l’inizio di una nuova epoca, il cosiddetto “Equinozio degli Dèi”. Il principio più importante della mistica crowleyana è il “fare quel che vuoi sarà tutta la tua legge”, col significato di abbracciare e seguire la propria Vera Volontà, che inizialmente nessun uomo conosce, e che va scoperta tramite l’esercizio psicofisico, non ultimo quello magico: una volta compresa, l’uomo deve seguirla accettando tutte le difficoltà e i sacrifici che essa comporta. Il limite a tutto ciò è la Volontà altrui: è necessario amare gli altri e non chiudersi in sé stessi, poiché “Amore è la legge, Amore sotto il dominio della Volontà”, in quanto tutte le Volontà umane si armonizzano fra loro grazie all’Amore, alla maniera del moto delle stelle. Crowley sviluppò inoltre il concetto di entità soprannaturali che il mago manifesta durante gli atti magici: egli incanala la forza spirituale, traendola da sé stesso o dall’esterno, in un atto che venne denominato god form (forma divina), e che divenne pratica comune in molte forme di magia successiva: di fatto egli affermava che gli spiriti e gli dèi delle antiche religioni non erano solo archetipi dell’anima dell’uomo, ma erano al tempo stesso entità reali, intelligenze sovrumane esterne all’uomo. Di fatto, con Crowley (e la nascita della sua filosofia magico-religiosa, denominata Thelema, dal greco thelema, volontà) abbiamo il distacco della magia cerimoniale dalla tradizione moderna e la nascita della sua forma contemporanea.

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