All’approssimarsi
delle festività natalizie, internet viene letteralmente preso d’assalto
(soprattutto, com’è ovvio, in ambienti occultisti e neopagani) da immagini del
dio Mitra accostato a Sol Invictus, che veniva appunto festeggiato in epoca
tardoantica il 25 dicembre. Spesso e volentieri questa data viene indicata
anche come “nascita” del dio, cosa che ha un preciso fondamento nel cosiddetto
Calendario di Filocalo del 354 d.C., che in quel giorno nomina un “natalis
Invicti” che veniva celebrato con 30 corse di carri nel Circo Massimo di
Roma. La festa venne molto probabilmente istituita dall’imperatore Aureliano
nel 274 d.C. a seguito della campagna palmirena, assieme ai ludi Solis
che si tenevano invece dal 19 al 22 ottobre; l’ipotesi più probabile, è che il
sovrano abbia voluto commemorare con quest’ultima festa la sua vittoria
militare, mentre con quella di dicembre la fondazione del tempio di Sol
Invictus.
L’accostamento di Mitra a questo dio è piuttosto complessa e difficilmente si potrebbe riassumere in un articolo; allo stesso modo, la cosiddetta “sostituzione” della festa solare con quella cristiana il 25 dicembre è una questione spinosa e oscura, tutt’altro che facile da dirimere e molto meno semplice di come appare. Se questi argomenti vi interessano, rimando al mio libro, nel quale vengono trattati approfonditamente; in questa sede vorrei piuttosto sfatare alcuni miti contemporanei, ovverosia le analogie tra Mitra e Gesù Cristo (molto in voga nel mondo occultista) e se davvero così tanti altri dèi sono nati il giorno di Natale, come ogni anno ci ricorda il celebre meme della tavola imbandita.
Dunque,
quanto sono simili le figure di Mitra e Gesù?
Molto
poco, in realtà. Se è vero che entrambi hanno avuto origine nel Vicino Oriente
occupato dai Romani (in Cilicia il primo, in Giudea il secondo), e che entrambi
i culti prevedevano la salvezza dell’anima, come molti altri a quel tempo, i
personaggi in sé non hanno molto a che vedere. Basti pensare che, mentre di
Gesù abbiamo, almeno per il I secolo, quattro agiografie (i Vangeli,
ovviamente), della mitologia di Mitra non resta praticamente nulla, se non
immagini su cui si possono fare mere ipotesi. Vediamo dunque, punto per punto,
quelle che vengono popolarmente definite “similitudini”, e cosa c’è di vero.
Il
primo ad accostare il mitraismo al cristianesimo fu Charles-François Dupuis,
nel suo Origene de tous le cultes del 1794, in piena Rivoluzione
Francese. Egli parte da una serie di analogie fornite dagli scrittori
cristiani, per i quali i seguaci di Mitra facevano penitenza, avevano un
rituale simile all’eucarestia, si segnavano la fronte e si ornavano con una corona
come i martiri; inoltre, in Persia i sacerdoti di Mitra erano i magi, che nel Vangelo
di Matteo giungevano ad adorare Cristo. Va da sé, però, che tutte queste
analogie sono molto forzate: le “penitenze” erano in realtà prove di resistenza
fisica a cui venivano sottoposti i neofiti per diventare mitraici, la
cosiddetta “eucarestia” veniva fatta con pane e acqua con modalità a noi del
tutto ignote, la fronte veniva marchiata non si sa come e con che forma (ma di
certo non facendo un semplice gesto come il segno della croce), e la corona
faceva anch’essa parte di un rito iniziatorio di rinuncia alla sovranità, che
nulla aveva a che vedere col martirio. Va da sé, inoltre, che le testimonianze
cristiane vengono prese dagli studiosi con le pinze, perché poco attendibili e
basate per lo più su voci.
E
i magi? In effetti, i sacerdoti persiani cultuavano Mitra assieme alle altre
divinità dello zoroastrismo, ma anche in questo caso nulla c’entrano col Mitra
romano. Dagli Anni ’70 a questa parte, infatti, gli studiosi sono concordi nel
ritenere che i misteri mitraici ebbero origine in Cilicia o comunque nei
territori dell’Asia Minore, e non fossero direttamente collegati al mondo
persiano. Basti pensare che la stessa immagine del dio che uccide il toro non
deve essere interpretata, come si faceva in passato, con una scena mitologica
della creazione del mondo, ma come una mappa del cielo raffigurante le
costellazioni passanti per l’equatore celeste all’equinozio di primavera
dell’eone precedente (Toro, Cane Minore, Corvo, Idra, Scorpione e la stella
Spica); l’immagine di “Mitra” altro non sarebbe che l’agglomerato di stelle che
sta sopra al Toro, ovvero Perseo. Avventurarci in questo argomento sarebbe
anche stavolta troppo complesso; basti comunque tenere presente che un’origine
persiana del mitraismo romano è oggi escludibile.
Il
Dupuis, comunque, non si ferma a queste presunte analogie, ma si spinge anche
oltre nella sua tesi, volta a screditare il cristianesimo come derivante dagli
antichi culti solari. Tuttavia, se prima si era appoggiato ad autori classici,
pur di confermare la sua idea si mette a inventare di sana pianta altre
analogie tra i due dèi. Scrive infatti: “Mitra, che nacque anche lui il 25
dicembre, come Cristo, morì come lui; aveva il suo sepolcro, sul quale
vennero a piangere i suoi iniziati. I sacerdoti portarono la sua immagine,
durante la notte, in un sepolcro che era stato preparato per lui; giaceva
su una lettiga, come il fenicio Adone. Questo fasto, come quello del
Venerdì Santo, era accompagnato da lamenti e gemiti de’ suoi
sacerdoti; dedicavano un po’ di tempo a espressioni di finto dolore; accendevano
la sacra fiaccola o il loro cero pasquale; ungevano l’immagine con crema o
profumo…” E va da sé che nulla di tutto questo ha alcun fondamento né nella
letteratura né nelle fonti archeologiche: Mitra, a quanto ci è noto, non muore
né viene ritualmente pianto come Osiride o Adone; anche perché, ricordiamolo,
non si tratta di un dio legato al mondo vegetale. Tutto questo va interpretato
come un puro volo pindarico (e in malafede) del Dupuis stesso, che tuttavia
influenzò molto la letteratura successiva prima che si iniziasse seriamente a
studiare il mitraismo, a fine XIX secolo; oggi queste analogie vengono ripetute
soprattutto negli scritti anticristiani di basso livello.
Anzi,
in questi si può anche trovare l’affermazione per la quale Mitra sarebbe
addirittura morto in croce, dopo aver celebrato un’ultima cena coi suoi dodici
discepoli. Se ancora una volta l’uccisione del dio non ha alcun fondamento, men
che meno attraverso il supplizio della croce, la faccenda degli apostoli è più
vecchia, in quanto compare per la prima volta a opera del teosofo Godfrey
Higgins nel suo Anacalypsis del 1836, che cita appunto il fatto che “Mitra
aveva i suoi dodici discepoli”, senza giustificare l’affermazione in alcun
modo. Ciò è stato variamente ripreso dalla letteratura occultista e neopagana
volta a screditare o trovare analogie col cristianesimo, ad esempio nel 2001 da
Timothy Freke e Peter Gandy nel loro The Jesus mysteries, e nel 2004 da
Acharya S. in Sun of God, il tutto basandosi sul fatto che i dodici
apostoli hanno lo stesso numero dei segni dello Zodiaco, con cui Mitra è a
volte raffigurato. Da notare che i primi autori assegnano molti aspetti
dell’agiografia di Cristo anche a Dioniso e Osiride, ancora una volta senza
basi o attraverso speculazioni forzate.
Tornando
un attimo ai magi, a volte viene detto che anche a Mitra vennero offerti oro,
incenso e mirra: questa affermazione si deve principalmente a Thomas William
Doane, nel suo Bible myths and their parallels in other religions del
1882, il quale a sua volta la traeva da testi precedenti di metà XIX secolo che
tuttavia non parlavano nello specifico dei doni evangelici, ma semplicemente
accostavano il dio ai sacerdoti zoroastriani. Anche in questo caso, quindi, non
esiste alcun fondamento.
C’è
poi chi ha detto che Mitra sarebbe nato da una vergine, ma ciò non ha riscontro
nella letteratura antica, e le uniche immagini che abbiamo del dio che nasce lo
vedono fuoriuscire da una roccia con in mano una fiaccola e una spada (o due
fiaccole). Piuttosto, già gli scrittori cristiani trovavano analogie tra la
grotta di Betlemme e la roccia in questione, ma è bene ricordare che nei testi
cristiani più antichi (i Vangeli canonici) non viene mai nominata una
grotta (al massimo una mangiatoia in Luca e una casa in Matteo); inoltre, va da
sé, una caverna non può certo essere equiparata a una pietra. Sul perché Mitra
nasca in questo modo è difficile fare ipotesi: l’Ulansey pensa possa essere un
riferimento al mito di Perseo, concepito in un luogo sotterraneo dalla madre
Danae, imprigionata dal padre.
Di
recente si sono fatte strada altre similitudini, sempre da parte della
propaganda anticristiana: ecco dunque che Mitra viene chiamato “il Messia”
(termine ebraico che nulla c’entra col suo culto, e che deve riferirsi a un
essere umano che viene “unto dal Signore”) o “il Buon Pastore”. A questo
proposito, si dice anche che uno degli animali simbolo di Mitra sia l’agnello,
come per Gesù, ma va da sé che nelle immagini del mitraismo non compare, come
visto, niente del genere (se non l’Ariete, ma sempre assieme a tutte le altre
costellazioni dello Zodiaco).
Come visto, dunque, molte delle affermazioni che si fanno sul mitraismo come antesignano o ispiratore del cristianesimo sono false, elucubrazioni di personaggi con un preciso intento politico o religioso a cui creare una base, purtroppo senza fondamenta costituite da fonti certe. È anzi probabile che questo genere di speculazioni si accrescerà sempre più nel corso del tempo.
Ma
dunque, chi nasce davvero il 25 dicembre?
Ovviamente,
come detto, Mitra e Gesù, ma in generale tutte le divinità con connotati solari
adorate nei territori dell’Impero Romano, soprattutto nella parte orientale.
Questo dipendeva dal fatto che quando venne creato il calendario giuliano, su
base solare, Sosigene di Alessandria volle collocare solstizi ed equinozi a una
data fissa anziché variabile (come sarebbe invece stato astronomicamente
corretto); questo può sembrare strano, ma ricordiamoci che oggi anche molti
neopagani festeggiano questi eventi in una data fissa (il 21) senza tenere
conto di quando realmente avviene l’evento. Dunque, il solstizio d’inverno
venne posizionato il 25 dicembre.
È
allora corretto dire che anche gli dèi egizi con attributi solari potevano
nascere in quella data: Macrobio menziona ad esempio Osiride (Sat. I 18,
10), ma grazie a Plutarco sappiamo che anche Horus/Arpocrate vi veniva
collegato (Is. et Os. 65B-C). Ciò però non significa che sia sempre
stato così: è ovvio che prima dell’avvento del calendario giuliano, questi dèi
potevano avere feste diverse, soprattutto considerata l’enorme estensione
temporale della storia egizia. Il tutto va contestualizzato nella speculazione
filosofica dell’epoca, per la quale il Sole era la massima espressione della
divinità e del bene ultraterreno, e dunque molti dèi venivano associati a esso
e, di conseguenza, ai suoi moti.
Una
parentesi riguardo a Horus mi sembra doverosa: anche lui, come Mitra, è stato
bersaglio di false attribuzioni per sovrapporlo a Cristo, affibbiandogli tratti
che nulla c’entrano col suo culto e col suo mito. Per fare alcuni esempi, il
dio egizio sarebbe stato battezzato da Anubi (sic!), sarebbe morto in croce e
risorto il terzo giorno. Va da sé che chiunque abbia mai sentito o letto il
mito di Horus sa perfettamente che nulla di tutto ciò corrisponde al vero,
anche solo per il fatto che né il battesimo né la crocifissione erano pratiche
dell’Egitto antico.
Diversamente,
gli dèi della vegetazione del mondo semitico (ad esempio Adone, Attis e Tammuz)
hanno subìto l’influenza dei culti solari solo latamente: è vero che Marziano
Capella associa anche i primi due al Sole (II 185-193), ma assieme a molti
altri dèi, per l’appunto; piuttosto, le loro feste avevano luogo in primavera,
come più conveniente per delle divinità legate alle piante. Per fare un
esempio, la maggior celebrazione di Attis (assieme alla sposa Cibele) si teneva
dal 24 al 27 marzo, includendo in essa per l’appunto l’equinozio di primavera,
che era stato fissato al 25 di quel mese.
Ci
sono poi Dioniso, Eracle ed Ermes. L’antica Grecia non aveva un calendario
unico, ma ogni regione ne possedeva uno proprio, come prevedibile in una terra
di città-stato: ad esempio, il calendario dell’Attica era composto da dodici
mesi lunari, e ogni due anni si aggiungeva un mese, creando un anno di 13 mesi per
compensare lo sfalsamento con le stagioni (alternando due anni di 354 giorni a
uno di 384). I “compleanni” degli dèi non venivano però festeggiati una volta
all’anno, bensì ogni mese; inoltre, essendo il calendario lunare, se le festa
di Eracle fosse ad esempio caduta per puro caso nel giorno equivalente al
nostro 25 dicembre, l’anno seguente sarebbe stata in un giorno diverso. A volte
nel contesto “natalizio” si cita anche Prometeo, ma va detto che il culto di
questo dio è pochissimo attestato in Grecia, e non abbiamo alcuna data di
riferimento.
Passando
all’Oriente, la nascita del profeta Zarathustra o Zoroastro viene fatto
coincidere dai Parsi con il Capodanno religioso, il quale cade in un dato
momento molto variabile (il 20 marzo per il 2025); è interessante il fatto
che il loro calendario non consideri gli anni bisestili, e dunque la data tende
ad avanzare di un giorno ogni quattro anni. Parimenti, anche Buddha ha una data
di compleanno variabile, che certamente non è il 25 dicembre: egli viene
piuttosto festeggiato basandosi sui calendari lunisolari dei vari Paesi, nel
periodo primaverile, compreso tra aprile e giugno. In Cina, Vietnam e Filippine
la data corrisponde all’ottavo giorno del quarto mese del calendario cinese (il
5 maggio per il 2025), mentre in Giappone è stata fissata all’8 aprile;
invece, nella maggior parte del Sud-Est Asiatico, nel Subcontinente Indiano e
in Mongolia essa avviene in concomitanza della luna piena del mese di Vaishakha
(il 12 maggio per il 2025). Krishna, infine, nasce tradizionalmente l’ottavo
giorno del mese di Bhadrapada, ovvero tra agosto e settembre (il 30 agosto per il 2025).
Come
visto, dunque, la nascita in concomitanza con quello che in epoca imperiale
romana era il solstizio d’inverno (ovvero il 25 dicembre) si applica unicamente
a divinità legate al sole e specifiche di quel contesto.
Bibliografia
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Burkert W., La religione greca di epoca arcaica e classica, Jaca Book,
Como, 2003.
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Ghirimoldi M., Il culto solare in età tardoantica, Amazon, 2022.
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Pearse R., Mithras and Jesus, su roger-pearse.com
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Salzman M. R., On Roman time. The codex-calendar of 354 and the rhythms of
urban life in Late Antiquity, Oxford, 1992.
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Stausberg M., Zarthustra e lo zoroastrismo, Carocci, Urbino, 2013.
-
Ulansey D., I misteri di Mithra. Cosmologia e salvazione nel mondo antico,
Mediterranee, Roma, 2001.

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